23 Maggio 2022
Sto rimandando questa comunicazione da settimane, eppure il messaggio da recapitare è molto semplice: come avevo annunciato durante la raccolta fondi, metà dei ricavi delle vendite del Checcalendario sono stati devoluti a un’associazione a cui tengo molto. Anzi, più di metà a dirla tutta, per arrivare a una cifra tonda: tremila euro.
Sono contento. Poiché sono un grande fan di Lizzie McGuire, all’interno della mia scatola cranica da mesi vive un cartone animato con le mie fattezze che mi ricorda tutti i punti di questo progetto in cui ho sbagliato, dove potevo fare di più, quando ho avuto fortuna e in che modo niente di tutto questo sia merito mio. Ma se mi impegno, e provo a non ascoltare la mia caricatura mentale, sono contento.
Come è scritto sulla prima pagina del Checcalendario, i soldi sono andati a Casa Marcella, una casa rifugio per persone trans e non binary che scappano dalla violenza. È un progetto importante e necessario, e fortunatamente siamo stati tanti a crederci, perché grazie alle molte donazioni di enti e fondazioni presto sarà una realtà. Il mio contributo è piccolo se paragonato alla somma complessiva che serve per avviare una struttura del genere, ma mi piace pensare che con le donazioni del calendario vengano comprate quelle cose indispensabili per sentirsi a casa propria. Come la caffettiera, o il bidet.
L’idea di fare un calendario cartaceo mi è venuta, come spesso accade, in un momento di rara disperazione. Non è forse l’ansia, il vero motore del mondo? Ho pensato di avere bisogno di uscire un po’ dal virtuale e cimentarmi con le sfide del mondo reale. Non avevo calcolato minimamente la quantità di problemi logistici che possono emergere dallo stampare una cosa semplice come un calendario. Idearlo e scriverlo è la parte divertente, è il livello zero, è Lara Croft che si allena nella sua villa e rinchiude il maggiordomo nel frigorifero. Poi inizia il videogioco vero: parla con questo e quello, cerca un commercialista competente, sistema la questione dei diritti d’autore, trova un illustratore (il magico Queerrilla), trova un grafico (il fantastico Met), crea la pagina social, occupati della stampa, capisci come vuoi vendere, promuovi il calendario, prega gli influencer, per arrivare al boss finale: Poste Italiane.
Su Poste Italiane, che amo definire “una cosa estremamente sgradevole che non farò mai più”, potrei scrivere un saggio. O un pezzo di stand up, di quelli moderni, che all’inizio fanno ridere e alla fine ti creano un vuoto esistenziale dentro. Ogni fase di questo lavoro è costata energie, tempo e un mucchio di soldi. Questo lavoro mi ha davvero fatto pensare con stima a tutte quelle persone che hanno un’attività propria, e magari è l’unica attività su cui campano per sopravvivere. Non voglio essere retorico o scontato, ma se solo per i miei dodici fogli di carta c’è stato bisogno di tutte quelle leggi e quella burocrazia e quei costi, non voglio immaginare quanto l’universo cospiri contro chi ha un’impresa più complessa. Ma se sei abbastanza caparbio, o disperato, tu continui a remare.
Tutto è bene quello che finisce bene, e adesso nel mondo ci sono all’incirca settecento chiodi ai quali è appeso un Checcalendario. Dico nel mondo, perché in effetti so che gira qualche copia in Germania, in Francia, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e… beh, a San Marino. Vale, partecipano pure all’Eurovision. Ma la maggior parte delle persone che hanno un calendario che veglia su di loro mentre fanno colazione (o lavorano, o stendono i panni, o si scaccolano) vive in Italia. Ho scritto a mano tutti gli indirizzi, e anche se lì per lì mi maledivo per non averli stampati su carta adesiva, ripensarci ora la faccenda ha un che di romantico. Con pazienza artigiana ho imbustato i calendari uno ad uno, ed è bellissimo sapere che non erano diretti solo a Milano e Roma e Torino e Bologna, ma anche nei piccoli paesini, forse proprio dove la presenza stessa di un oggetto del genere è più utile e rivoluzionaria.
Ho spedito calendari a Lumezzane, a San Giuliano Terme, a Rutigliano, a Porto San Giorgio, a Quartu Sant’Elena, a Selvazzano Dentro, a Bosco, a Santarcangelo di Romagna, a Nardò, a Correggio, a Chieri, a Casamicciola Terme, a Pollena Trocchia, a Sestu, a San Giovanni Valdarno, a Tivoli, a Concordia Sagittaria, a Mondovì, a Rovereto, a Palazzolo sull’Oglio, a Castel di Iudica, a Gioia del Colle, a Piano di Coreglia, solo per elencarne nemmeno un decimo.
Mi ricordo che una ragazza mi ha scritto una mail per chiedermi di indicare al corriere di lasciare il pacco “al macellaio in fondo alla via”. Spero che sia arrivato a destinazione.
Ma al di là di tutto, è bellissimo sapere che il Checcalendario dà colore alle vostre pareti. Una delle prime persone a cui ho spedito il calendario è stata una dolcissima ragazza che mi ha confidato che li colleziona. Eccezion fatta per i casi speciali di questo tipo, di solito una persona si lascia accompagnare durante l’anno da un solo calendario, e immagino che per sceglierlo vada un po’ a sentimento, comprando quello che più la ispira. Per questo vi ringrazio, perché avete scelto di dare fiducia a questo progetto. Grazie, e buon proseguimento di duemilaventidue. E tantissime scuse al macellaio che si è visto recapitare un calendario queer e non sapeva cosa farci.