• Istruzioni su come non fare coming out se non vuoi farlo

18 FEBBRAIO 2019
Cose che penso

Se ti chiedono se sei gay, e sei etero, è facilissimo: rispondi che sei etero. Se sei anche uno dei buoni, puoi magari aggiungere qualcosa a favore della causa LGBT+, ma sta a te.

Ma se ti chiedono se sei gay, e puta caso sei davvero gay, hai soltanto due opzioni:

1) dire la verità: «Sì, giornalista che mi chiedi se sono gay come ultima domanda ben sapendo che userai la mia risposta nel titolo del tuo articolo per fare più clic, sono gay.»

2) mentire: «No, non sono gay.»

Qualsiasi altra opzione più o meno fantasiosa, ogni alternativa più o meno evasiva, compresa quella di rispondere che ormai non frega più niente a nessuno, avrà poco senso, perché quasi sicuramente farà pensare che sei gay, che hai qualcosa da nascondere e perfino che ritieni l’essere gay qualcosa da nascondere – e sarà inoltre controproducente se il tuo tentativo era quello di mantenere privato questo aspetto della tua vita: ambizione sacrosanta e nobile, ma così rispondendo non farai altro che aumentare le voci sulla tua presunta omosessualità, non di ridurle.

Se poi, spinto dal nervosismo e dalla stanchezza, aggiungi che il coming out è un passo indietro, e lo affermi in un Paese dove lo stesso giorno in cui vinci il premio musicale più importante della nazione viene pubblicata un’inchiesta che spiega, dati alla mano, come l’omotransfobia in Italia sia un problema in crescita esponenziale e come la politica non faccia niente a riguardo, ecco, non fai altro che dimostrare la necessità del coming out.

Il coming out è un gesto politico bellissimo. Però deve essere libero e non dovuto, perché altrimenti non ha senso. Chiunque, anche il personaggio pubblico più famoso del mondo, dovrebbe poter decidere se mantenere private alcune (o tutte) questioni della propria sfera personale. Questo è un diritto sacrosanto, eppure alcuni giornalisti, magari per vendere qualche copia in più, magari perché ce stanno a prova’, continuano a chiedere delucidazioni sull’orientamento sessuale alle persone che stanno intervistando. Lo fanno, è una loro pessima abitudine, è ingiusto, ma d’altra parte life is not fair.

(Parentesi. A volte alcuni personaggi omosessuali rilasciano dichiarazioni basate sulla loro esperienza che tuttavia finiscono per essere utilizzate come argomentazioni da coloro che cercano di minare la causa LGBT+. I famosi omofobi con tanti amici gay che non vogliono sposarsi, tanti amici gay che non vogliono figli, tanti amici gay che votano partiti conservatori. Ecco, capisco la libertà di espressione, ma io tiro un sospiro di sollievo quando questi personaggi omosessuali optano per il silenzio.)

Allora lancio un appello a te, lettore di questo blog, gay in procinto di diventare famoso: decidi che linea adottare prima di rilasciare interviste. Non improvvisare sul momento.

Perché, tanto per essere chiari: preferiamo aspettare che tu sia pronto piuttosto che sentirti dichiarare che il coming out non serve a nulla.

Roba affine

4 commenti
  1. Giacomo
    Giacomo dice:

    Già alle prime righe mi era leggermente ronzato in testa il suo nome… Appena hai parlato del premio poi… In effetti avevo letto un minuto prima la sua intervista e anche io avevo pensato: “di’ di sì oppure no, non stare a fare il sociologo sul coming out non più importante, proprio di questi tempi”…

    Rispondi
  2. Barbara
    Barbara dice:

    Ciao. Sicuramente il tuo punto di vista è più pertinente, visto che io sono donna ed etero, però c’è una cosa di cui mi sto convincendo: il coming out potrà essere utile a tante persone che non hanno il coraggio di vivere alla luce del sole la propria vita, ma questo impegno non può essere addossato a tutti, quello di farsi carico del superamento dei tabù e dei timori della società.
    Inoltre penso che se tutti i “famosi” decidessero di rispondere alle insinuazioni e domande con “non è affare vostro e non sono tenuto a rispondere” forse ci sarebbero sempre di più persone che non si sentono in dovere di dare spiegazioni. Perché lo dico tranquillamente, penso che le persone non dovrebbero mai chiedere o impicciarsi dei gusti personali degli altri e nemmeno delle abitudini e questo in un ufficio quando arriva un nuovo impiegato così come quando viene eletta una miss in tv (per fare esempi a caso).
    E questo non solo specificatamente sulla questione omosessualità. Mi chiedo spesso perché dobbiamo rispondere a delle domande che vogliono solo soddisfare la morbosità o la curiosità degli altri: quanti anni hai, che titolo hai, sei sposato, hai figli. E non parlo di test dove è necessario dare certe informazioni, voglio proprio dire che si può anche parlare di arte o musica senza dichiarare la propria appartenenza ad una religione o ad un partito.
    Naturalmente fino al momento in cui una persona non decida di sua spontanea volontà di diventare una bandiera di un pensiero o di un passaggio culturale. E in quel caso certamente ha tutta la mia stima.

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    • Zucchero Sintattico
      Zucchero Sintattico dice:

      Sì, concordo con te in toto, anche perché alcune cose che hai detto le ho scritte anch’io nell’articolo. Sono felice quando un personaggio pubblico fa coming out, perché vuol dire che VUOLE farlo, nessuno costringe o addossa responsabilità a nessun altro. Grazie per il bel commento!

  3. Criptogay
    Criptogay dice:

    Io non sono famoso ma sono gay e non voglio fare coming out. Ma non per evitare il giudizio della gente bensì perché mi dà fastidio che la gente si impicci dei miei affari privati. Quindi ad una domanda del genere del giornalaio pennivendolo di turno risponderei di essere etero. E che si fottano tutti.

    Rispondi

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