Lo spogliatoio

Toglietevi dalla testa il luogo comune che un omosessuale nello spogliatoio passi tutto il tempo a guardare gli altri che si denudano. Per quello c’è la videografia di Paola e Chiara. Certo, non dubito che ci sia qualche invertito pervertito che un’occhiatina ogni tanto la lancia – stiamo pur sempre parlando di gay, cioè la categoria umana che dopo anni e anni di battaglie per i diritti civili si è finalmente conquistata il titolo di comunità meno sessuofobica del pianeta (gli etero per vedere due chiappe devono ancora ricorrere a mezzucci ipocriti come Miss Italia, o True Blood).
Quindi ecco: nonostante il libertinismo che ci scorre nel sangue insieme all’amore per Madonna, non passiamo tutto il tempo negli spogliatoi a spiare gli altri. Non io, almeno. Lungi da me fare quello puritano, non sono il tipo e se avete letto il mio ultimo post sapete bene che in questo periodo mi farei anche quel marmocchio orientale che canta Gangnam Style. No, aspettate, lui magari no.
Tuttavia, ascoltare quello che gli altri dicono rimane una delle mie attività preferite. Devo pur trovare qualcosa da fare per non pensare al fatto che la cuffia della piscina stressa i capelli e dopo mi cadono e se ci penso mi stresso ancora di più e mi cadono ancora di più poi divento pelato e mi suicido. Quindi devo ascoltare quello che dicono gli altri, sennò muoio
I miei preferiti sono i bambini. In un mese di piscina, mi sono fatto un’invidiabile cultura su Phineas e Ferb. Lunedì scorso Filippo spiegava a Matteo dove abitano tutti i suoi SEDICI compagni di classe. Non due o tre, eh, SEDICI. Non ho ben capito dove sta Lorenzo Matteucci perché in quel momento ero sotto il phon. Comunque Filippo e Matteo sono simpatici. Filippo è chiaramente la personalità dominante, il Beyoncé della situazione. Matteo invece è un po’ come quello dei Litfiba che non è Piero Pelù, e poi è tonto e non sa nemmeno che Perry è un ornitorinco spia.
Gli altri avventori dello spogliatoio non sono simpatici come Filippo e Matteo. C’è quello che si lamentava che ha lasciato i vestiti nella borsa e ora sono tutti ammarciti, che se avesse mia mamma come madre adesso sarebbe già fuggito in Albania per non essere preso a sassate dalla genitrice. E poi ce n’è un altro che si crede figo (e lo è, in realtà) ed entra sempre fischiettando una canzone dei Muse. Ho anche tentato una mezza interazione: andando via, ho canticchiato All I wanna do is fuck your body, oooohohohohohoh. Chissà se ha afferrato.

Allarme Pompelmo

In questi giorni sono un po’ nervoso. Un po’ nervoso è la dicitura ufficiale leggermente eufemistica: quella informale suona più come isterico scassacazzi. Ciò che mi distingue da una femmina in pieno ciclo mestruale sono l’apparato riproduttore, la barba e il fatto che da Zara le cose mi costano di più. A volte nemmeno la barba. Se ci fosse il termometro dell’acidità, il mio starebbe lampeggiando compulsivamente su Allarme Pompelmo
Non credo che il problema sia la mancanza di sesso; anche se, a pensarci bene, l’altra sera una mia amica ci chiedeva se durante l’amplesso facciamo dei gemiti o dei versi, e tutti dicevano la loro, e io ci ho pensato ma ho realizzato che non me lo ricordo. Forse mi dovrei preoccupare?
Ah, e poi è successo anche che avevo finito l’allenamento in piscina e risalivo le scale per andare via, e intanto canticchiavo l’ultima di Christina Aguilera, pensando che non ci fosse nessuno: all I wanna do is fuck your body, ooohohohohohohohohooooh… Quando sono arrivato su ho visto l’intera squadra di basket femminile di Lucca che mi fissava con espressione attonita. Non so se questo fatto è indicativo ma è stato oltremodo imbarazzante.
Una volta ho letto in un libro che il nostro corpo è come una spugna: esso assorbe l’amore finché può e quando lo spremi lo restituisce. Tutte le volte che penso a questa similitudine idiota mi immagino una mano gigante che palpa le persone e queste che esplodono in mille stelline e arcobaleni tipo Sailor Moon quando si trasforma. Io vi avviso, se spremete me esce fuori vodka lemon.

Scusate l’assenza

Scusate se è qualche giorno che non scrivo sul blog, è che sono stato in coda di fronte agli Apple Store per comprarmi l’iPhone 5.
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Dio che spasso!

Lo Stato di Intellettualoidolandia

(ovvero una specie di apologia pop senza grosse ambizioni)

Dedicato alla T-shirt di Andy Warhol 
che sto indossando proprio ora 
Lo Stato di Intellettualoidolandia riconosce come lingua ufficiale il francese. Certo, perché dire pute è più intelligente che dire puttana, e dire merde è effettivamente molto più colto che dire merde. Nel caso non si percepisca il sarcasmo: si scrive nel solito modo, vedete, merde, francese, merde, italiano. Cambia solo la pronuncia con l’erre moscia che rende la parola semplicemente più antisesso.
Lo Stato di Intellettualoidolandia si dichiara di mente aperta tuttavia critica e biasima e non tollera una serie pressoché infinita di cose, animali, città, persone, personaggi e idee tra cui si annoverano (il seguente elenco è in ordine casuale tuttavia ha una certa pretesa estetica): Simona Ventura, i capelli biondi, i tacchi di Lady Gaga, la facoltà di Scienze delle Comunicazioni, i Green Day, i tatuaggi a stella, tutti i musical eccetto The Rocky Horror Picture Show, i costumi di Lady Gaga, il cinema italiano, Pompo nelle casse, le acconciature di Lady Gaga, i centri estetici, la frutta che non è di stagione (ah no scusate questa è mia nonna), la musica di Lady Gaga, gli avverbi che finiscono in mente, le cellule dell’epidermide di Lady Gaga, la destra, la sinistra, il Movimento 5 Stelle, il 75% d’acqua di cui è costituita Lady Gaga, la sessuofobia, il calcio di serie A, il Big Mac, Parigi di giorno, Harry Potter, le Lucky Strikes, i concorsi di bellezza, facebook, i Cesaroni e l’aperitivo con lo Spritz.
Lo Stato di Intellettualoidolandia professa l’ateismo o al massimo una sorta di cattolicesimo alternativo ma soprattutto crede nella religione dell’originalità, pertanto gli abitanti dello Stato di Intellettualoidolandia vivono nella costante costruzione di un’immagine originale e diversa da tutti gli altri senza accorgersi che così facendo diventano tutti un po’ simili o, per meglio dire, tutti un po’ uguali.

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[ pubblicato originariamente su Maintenant Mensile,
qui il link ]

Lory-Tredici 1 a 1

Okay, devo ammetterlo, me la sono cercata. Volevo fare il brillantone e lei mi ha scovato. Ora, non so cosa faccia un grande personaggio come Loredana Lecciso sul mio account twitter, probabilmente ha così tanto lavoro che passa le giornate a googlare il suo nome un po’ ovunque. Fatto sta che mi ha risposto per le rime: 

Poi vabbè, c’è da dire che non mi sento smodatamente intelligente. E neanche smodatamente intelligente con tutti quegli orribili punti esclamativi!!!!!! Semplicemente, la ritenevo una cantante degna di riportare un equilibrio nella mia mente. Ma devo ammettere la mia sconfitta, e lo faccio pubblicando qui la sua strabiliante hit. Godetevela.

Esperimento sociologico nel negozio di un barbiere

Soggetto alfa
Homo sapiens 
Sesso: maschio
Costituzione: apparentemente deperito
Età: 23 anni, portati alla grande
Note: aspira a diventare come Beyoncé, un giorno. Un po’ lo è già
Soggetto beta
Homo sapiens
Sesso: femminile
Costituzione: evidentemente una buona forchetta
Età: in esadecimale? Mah, sulla quarantina, a essere buoni
Note: pessima camicetta
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Finalità dell’esperimento
I due soggetti campione appartengono alla stessa (biasimabile) specie animale, tuttavia presentano evidentemente caratteristiche opposte a livello anagrafico, sessuale, fisionomico e soprattutto nel modo di vestire. Lo scopo del test è quello di osservare, attraverso studi condotti nel negozio di un barbiere, se queste differenze si rispecchiano in un modello comportamentale altrettanto diametrico.
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Soggetto alfa, tentativo sociologico #1
Barbiere: “Come si fanno?”
Soggetto alfa: “Corti”
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Soggetto alfa, tentativo sociologico #2
Barbiere: “Dove vai in piscina?”
Soggetto alfa: “Al Palazzetto”
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Soggetto alfa, tentativo sociologico #3
Barbiere: “Dov’è che stai?”
Soggetto alfa: “Nel paese vicino”
Barbiere: “Ah, già, me l’avevi detto l’altra volta”
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Soggetto alfa, tentativo sociologico #4
Barbiere: “Ti piace Jovanotti?”
Il soggetto alfa deglutisce. Il suo occhio sinistro inizia a ballare nervosamente.
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Soggetto beta, tentativo sociologico #1
Barbiere: “Ci sei andata al mercato?”
Soggetto beta: “Oh, ci sono stata ieri, un macello, ma un macello ti dico! Bello eh, quando sei lì poi ti rilassi, poi hai visto trovi sempre qualcosa a poco, anche due sciocchezze, piuttosto di andare via senza nulla compri un paio di mutande e oh, non dico che sono chissà che eh, ma oh, ti fanno andare via… come ti posso dire, oh, più soddisfatta! Certo però un macello, un ma-ce-llo. Il problema lo sai qual è? Il parcheggio, non si trova parcheggio a pagarlo oro. Oro!”
Barbiere: “Perché ci devi andare presto, se ci vai presto trovi parcheggio”
Soggetto beta: “Ma ci vado presto eh, che credi?! Oh, ieri ho portato Luca a scuola e dovevo parlare con le maestre perché oh, non dico che ha dei problemi eh, ma hai visto ogni tanto è bene parlarci con le maestre, per vedere se è tutto a posto, non lo voglio mica trascurare mio figlio. Oh, ma lo sai del bimbo della Stefania?”
Barbiere: “No, che ha?”
Soggetto beta: “Eh, da quest’anno c’ha l’insegnante di sostegno. Dice che è dis… Dis… Oh, che c’ha problemi a parlare. Ma te lo dico io, lì è la famiglia che manca. Oh, ma non dire nulla eh. Non vorrei che iniziassero a circolare le voci, che poi quando circolano le voci è brutto.”
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Osservazioni finali e conclusioni
Gli studi effettuati evidenziano come effettivamente i due tester siano diversi: il primo più riservato e taciturno – o per meglio dire un odioso sociopatico – e il secondo più incline alla parola, o come si dice nel gergo comune: “c’ha la chiacchiera facile”. 
Ad ogni modo, non ci possiamo ancora dichiarare soddisfatti scientificamente dai risultati ottenuti. Riteniamo parziali e sommari i test finora effettuati e ci riserviamo la possibilità di effettuarne di nuovi nell’immediato futuro. Possibilmente su soggetti che non appartengano a categorie limite. O, come si dice nel gergo comune: che non siano casi umani.
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[ articolo pubblicato su Maintenant Mensile,
qui il link originale ]

La vigilia dell’autunno

Se c’è una cosa che mi è rimasta è che l’autunno non inizia il solito giorno tutti gli anni. Non mi ricordo come mai: forse c’entra qualcosa il sole o l’orbita terrestre o qualcosa che riguarda Paris Hilton, tipo i buchi neri. Ad ogni modo, ho imparato che alcune volte l’equinozio di autunno cade il 22 e altre il 23 ma tutti pensano che sia sempre il 22. Quest’anno hanno tutti ragione.
La vigilia dell’autunno è un giorno che mi fa stare un po’ male. Sapete, quel po’ male che si traduce nello svegliarsi con gli occhi umidi e aprirli e pensare che è oggi il giorno a cui pensi da una settimana e pensare che mica succederà niente come al solito. Quel po’ male che si traduce nell’ascoltare per tutto il giorno la stessa canzone e voler stare da solo e al contempo sperare che accada qualcosa, sperare che qualcuno ti porti da qualche parte tipo a Londra che è una città dove forse ti dimenticheresti di essere te. Per un pochino, solo per un pochino. Quel po’ male che è solo una grossissima stupida sega mentale che riescono a farsi solo gli stupidi che si attaccano alle cose stupide come le date e i ricordi, come me.
Oggi perdo tempo e scrivo, perché è una cosa che mi fa stare bene, e mi fa essere sincero, quella sincerità  che si ha bisogno di esternare, dopo troppo tempo che si dicono cose come Bene grazie e tu? Oggi perdo tempo e scrivo, e mentre scrivo mi ascolto Piangi Roma e poi anche Anello mancante e Autunno dolciastro e Elettra e anche Non è l’amore che va via ma soprattutto mi ascolto

L’amico figo

Ho un amico figo. In questa sede lo chiameremo semplicemente AmicoFigo: non posso dire come si chiama davvero perché lui – al contrario di tutti i fighi, che se la credono tantissimo – è un tipo riservato e si imbarazzerebbe. E poi mi staccherebbe la testa a morsi. Comunque, chiunque mi conosca ha capito per forza di chi sto parlando. Non è Ciuffo, per dire, lui è AmicoSimpatico. Non è nemmeno Lore, il mio guru informatico, che avrebbe buone potenzialità per diventare universalmente figo, ma ha scelto di essere nerd, e ciò lo rende figo solo per chi ha tendenze nerd.
Ho un amico figo. Eh, capita. Succede anche ai migliori, lo so. Sì, condoglianze, grazie. Non so se avete mai provato ad andare a giro con un amico figo. All’inizio mi sembrava quasi umiliante: insomma, diventi pressoché invisibile, guardano tutti lui. Adesso però la trovo una delle cose più divertenti del mondo: passeggi per strada e vedi le persone che si girano, che sbattono ripetutamente le palpebre, che cambiano direzione, che iniziano a barcollare, che sbatacchiano l’una contro l’altra. Non sto scherzando: una volta ho visto un turista che si è sbrodolato addosso la minestra di farro, perché AmicoFigo stava passando. Sembra di essere nello spot della 500, quello in cui Jennifer Lopez è lì che guida e tutti la rincorrono impazziti.
Ho un amico figo. A ripensarci essere fighi ha anche i suoi svantaggi (come il provocare incidenti mortali, nel caso di JLo). È necessaria una campagna di sensibilizzazione che li aiuti ad essere accettati nella società in cui vivono: dai, adotta anche tu un amico figo.

Fuck you Licia

Non odio l’amore, ci mancherebbe. Cioè, forse un po’ sì, forse lo odio quel minimo affinché quando lo incontrerò gli chieda di scambiare due paroline in privato, ma non è che lo odio totalmente
Sono gli innamorati che non sopporto.
Che poi non è vero nemmeno questo. Per esempio c’è una coppia di miei amici che è molto buffa e si prende sempre molto in giro quando è in pubblico e non stanno appiccicatissimi l’un l’altro. Poi certo, quando li vedo che si sbaciucchiano è impossibile evitare di filtrare la visuale e sostituirla con l’immagine di me che aziono il detonatore e le loro teste che saltano in aria. Tra l’altro riesco perfettamente a riprodurre il tessuto epiteliale del collo che si sfalda, i legamenti che si spezzano e i brandelli di carne che volano ovunque in un’esplosione di organi e sangue.
Poi però ci sono le coppie che non sono semplicemente melense. Sono proprio malate. Ma non intendo che sono patetiche o ridicole o troppo smielose: intendo malate, nel senso patologico del termine, intendo che non sono sane, che quella che stanno vivendo non è una relazione, ma una specie di rapporto simbiotico, in cui i due si succhiano le energie l’un l’altro. Sono dipendenti l’uno dall’altra. Al contrario di quello che dicono i link di facebook o i libri di Twilight, la dipendenza affettiva non è una cosa sana. Significa che tu non sei in grado di stare bene da solo.
Guardate loro, per esempio:

Kiss me Licia è il telefilm più irreale e più diseducativo del mondo. Ti mostra esattamente quello che non succede. Ti mostra lei che è piena di aspettative nei confronti di lui, ti mostra lei che ricerca continuamente conferme del suo affetto – tra parentesi in una maniera infantile e assurdamente odiosa – e soprattutto ti mostra che negli anni ’80 i telefoni avevano bisogno di un pesante restyling del design. 
Tuttavia, non ti mostra che di lì a qualche anno – non gliene do più di due – Mirko sarà un frustrato, tutte le energie che poteva avere gli saranno state consumate dalle continue, pressanti e pallosissime richieste di attenzioni di Licia, e se la coppia non si dividerà sarà soltanto per abitudine, perché non ci sarà più alcun amore a tenerli uniti.
Licia, fottiti; e cresci, per Dio. E fagli quelle dannatissime fettine panate.