Macchine da limone

Ogni volta che chiami qualcuno troia, un pezzetto della tua libertà muore. Ci sono tanti modi molto più creativi per offendere una persona, per esempio puoi augurarle di essere sottomessa da un cavallo, come ho fatto io qualche giorno fa ad una tizia. Tra parentesi, non disiscrivetevi mai dalla mia pagina facebook, soprattutto se avete un volto effettivamente molto equino.
Comunque, raramente insulto qualcuno dandogli della troia o della puttana o della mignotta o della zoccola o della lurida sudicia passeggiatrice pompVabbè insomma, avete capito. Il fatto è che in questi casi si tende a puntare su questo aspetto, come se anche solo dare un bacio fosse un reato, contribuendo così a questo schifo di luogo comune secondo cui un uomo “si diverte”, mentre una donna che fa la stessa cosa è una sgualdrina.
Poi beh, ci sono casi in cui è proprio inevitabile l’accostamento di certe persone all’immagine della bagascia. Sono quelle persone che ogni volta che toccano le labbra di qualcun altro tirano fuori la bic dalla tasca dei jeans e si fanno una righina sul polso, come i carcerati che contano i giorni. Mi sono sempre chiesto cosa spinga questi esseri umani a limonare così tanto, con metodo, ordine, serietà. Dico, neanche un ingegnere. Forse credono di avere la lingua di Mida, che tutto ciò che leccano diventa oro.
Per fare un esempio, c’è questo tipo che vedo spesso in discoteca. Si chiama Mery, perché è il diminutivo di meretrice. Okay, no, si chiama Mario, ma lo chiameremo Mery la meretrice. Mery la meretrice si farebbe anche i tavoli. E quello che c’è sopra, e sotto, e poi passerebbe ai divani, alla credenza, alle tende del salotto, al tappetino di gomma per non bagnare per terra dopo la doccia, fino a finire metodicamente tutta la mobilia. Mi piace pensarlo come una cagna in calore, ma forse è perché ho il dente avvelenato. Obiettivamente è una macchina da limone, una creatura ninfomane e priva di metro selettivo.
Le macchine da limone sono fornite di alcuni optional in più rispetto a noi che limoniamo come se non dovessimo essere pagati. Per esempio sono completamente disinibite. Mery la meretrice va dalle sue prede e inizia un attacco particolarmente aggressivo che si conclude con l’arma finale: lo shakeraggio del culo con conseguente strusciamento dello stesso sulla zona pelvica della vittima, ballando come per fare una specie di mojito erotico. Capite che noi limonatori occasionali non ce lo possiamo permettere. Io non posso strusciarmi sulla gente, ho la barba, un blog, non sarei credibile. 

Il vero volto di Sandra Marchegiano

Da qualche giorno la tecnologia mi perplime. Per esempio ogni tanto sullo schermo compaiono delle righine blu o milioni di fastidiosi puntini neri che si muovono tutti in su e in giù. Il mio collega informatico Bernabei, che ha imparato la precisa terminologia tecnica, dice che c’ho la scheda video sminchiata. Per il momento risolvo la cosa muovendo rapidamente la testa in su e in giù, in parallelo con le righine, e riesco a cavarmela, anche se sembro il tacchino glu glu glu, per dire.
Poi è successo che oggi pomeriggio Ciuffo mi ha scritto di cercare Sandra Marchegiano su Google Immagini. Per quei pochi ignoranti che ancora non ne sono a conoscenza, Sandra Marchegiano è stata una concorrente di Miss Italia nel mondo di svariati secoli fa, presentato – stranamente – da Fabrizio Frizzi che già allora era assurdamente odioso. Vi metto il video qui: LINK (guardatelo che merita più di Avatar).
Apro Google Immagini e cerco Sandra Marchegiano, ed esce questo:
Google, caro. 
Toglimi subito di lì o mi compro un iPhone.

Stamattina

Stamattina mi sono svegliato con la voglia squisitamente nuova di qualcosa di romantico. Ho pensato che sarebbe bello leggere un libro ed evidenziare le frasi che mi piacciono di più con la matita. Anzi, usare magari tre matite di colori diversi, in modo che risaltino più all’occhio. No, anzi no: un solo lapis della consueta grafite grigia, che fa molto più decadentismo. Dal tratto spesso, ma non troppo. Un 3B dovrebbe andare bene. Ai miei nipotini mi vanterò di come, quando ero giovane, solevo sottolineare le frasi più poetiche e poi farmi un bicchierino di assenzio. Chiaramente mi servirà un libro adatto da sottolineare, prima, a meno che non speri di trovare letteratura di livello in Cotto e mangiato o in Come diventare ricca bella e stronza. Forse devo rinunciare a quest’idea romantica. Ripensandoci, l’assenzio mi fa vomitare.
Stamattina mi sono svegliato e percepivo in me un nuovo, entusiasmante terrore. Prima di sciogliere il Lorazepam nel caffellatte come sono solito fare in questi casi, ho voluto indagare dentro di me per ricercare l’origine di tale paura, e l’ho collocata nella visione di dieci minuti di Real Time, ieri, in cui una signora americana probabilmente oligofrenica affermava con convinzione che la sua vita non avrebbe avuto senso senza i coupon della spesa. Ho cambiato canale, peraltro facendo in tempo a vedere Marisa Laurito bruciarsi col tostapane in diretta, ma non abbastanza in fretta perché non mi s’insinuasse nel cervello l’immagine di me tra vent’anni ricoperto di gatti in cui alle telecamere di una tv satellitare di serie B ribadisco con veemenza l’importanza vitale che hanno avuto per me i bollini della Coop. 
Stamattina mi sono svegliato con uno sciame di pensieri e desideri e speranze in testa che ho prontamente scacciato con una manata virtuale nell’aria. Il fatto è che so che il futuro non si costruisce da solo. Affinché un software funzioni bisogna che qualcuno ne scriva il codice, analizzando tutti i casi e proponendo un valore di ritorno ad ognuno di essi, poi bisogna che qualcuno questo codice lo testi e ne rilevi i bug, che ci saranno e saranno a volte inspiegabili, e andranno corretti e ricontrollati di nuovo, finché non si potrà cliccare su Esegui e vedere che tutto gira alla perfezione. Via i pensieri, via i desideri, via le speranze.
Effettivamente un codice da scrivere mi sta aspettando proprio in questo momento. 
Uff. Tutto sommato, Real Time non è poi una tv di serie B. 

Acquario

“Nei prossimi mesi la situazione potrebbe cambiare.” 
Vorrei sottolineare il subdolo uso del condizionale in potrebbe, oltre alla minaccia costituita dalla pluralità del termine ‘mesi’ e soprattutto mi preme di far notare che il verbo cambiare include la terrificante eventualità che la situazione cambi. In peggio.

Aspettare

– Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando.
Silenzio.
– Che sia troppo tardi, madame.

[ Alessandro Baricco, Oceano Mare ]
Da piccolo era il nuovo episodio di Terry e Maggie, il mio cartone animato giapponese preferito. Nessuno dei miei amichetti guardava cartoni animati giapponesi, tanto meno un cartone animato giapponese da femmine quale Terry e Maggie, io ero l’unico. La mia vena pop, omosessuale e commerciale già allora fioriva, mentre loro si sarebbero scoperti eterosessuali, intellettuali e sinistroidi, e francamente non ho ancora capito quale delle tre cose è la peggiore, fatto sta che adesso venerano Miyazaki, quindi in sostanza avevo ragione io. Aspettavo Terry e Maggie e ho pure pianto quando quei bastardi di Italia Uno non hanno trasmesso il finale. Da aspettarselo, da Italia Uno: la rovina della mia generazione, molto più dell’ecstasy o della moda dei pantaloni a vita bassa.
Alle medie era l’ora di matematica. Poi quando qualcuno mi domandava quale fosse la mia materia preferita rispondevo prontamente GINNASTICA!, come la microsocietà dei tredicenni carnefici ti addestra a fare dalla prima settimana di scuola. Invece io vivevo molto meglio la lezione di matematica, dove non c’era da cambiarsi, fare le capriole sul materassino (non mi sono mai riuscite), vincere per esistere, e c’era solo da leggere il problema, applicare il procedimento, svolgerlo, non sbagliare i conti e controllare che il risultato tornasse. E tornava.
Al liceo era qualsiasi cosa. E non mi rendevo nemmeno conto di questo mio patologico andare avanti senza passione e senza obiettivi. Esistevo nell’attesa di qualsiasi cosa potesse accadermi, senza che mi muovessi io per farla accadere. Forse era la paura a bloccarmi. Anzi, è la paura: è sempre la paura che ti blocca. Ed è un peccato, perché rischi che sia l’unica emozione che riesci a saggiare.

Ad un certo punto della mia esistenza ho smesso di aspettare in modo passivo. Ma no: non pensandoci e basta o scrivendolo su un blog. Si è trattato di gonfiarsi i polmoni di tutto il coraggio che si possiede e usarlo per lasciare le vecchie amicizie, rimanere solo, iniziare un corso di scrittura, cominciare a fare teatro, accettarsi e farsi accettare e vi giuro che non è stato semplice. Ho smesso di aspettare e ho dimenticato come si fa a farlo. 
Ho il dubbio, adesso, che debba reimparare ad aspettare.

I raggi (storia di un baccaglio in tre puntate) – 3

(voce maschile e idiota)
And that’s what you lost on I raggi:
TERZA PUNTATA
A ballare con te? Ma dicevamo dei raggi?

I raggi…

Sì, li ho distrutti siccome

Balliamo?

Come li… ehm, riattacco?
Ballando con me – si avvicina pericolosissimissimamente.

C’è una colla, tipo?

Balliamo?

Non so, silicone…
Balliamo? – mi prende anche la mano.

Magari se li incastr… che fai?

Balliamo?
Arriva quel momento, in un approccio, in cui si incanta il disco. L’approcciante, ormai esaurito di tutte le energie di cui dispone, si rifugia nella famosa strategia del martelletto: in poche parole, l’approcciante martella l’approcciato finché quest’ultimo, per sfinimento, gli concede la sua virtù.
Tuttavia, talvolta capita che l’approcciato abbia saldi principi morali, come me
– SMETTETELA SUBITO DI RIDERE –
e che pertanto, non sentendosi in vena di elargire il proprio fiore al primo ubriaco che passa, per qualche motivo che non ho voglia di spiegarvi, debba attuare il diversivo di fuga chiamato Manovra Ohmaeccoilmioamico, che funziona più o meno così:
Oh, ma ecco il mio amico! Allora ciao eh, è stato davvero un piacere, ci vediamo!

The End
Titoli di coda (che non guarda nessuno e quindi li saltiamo)
Scena finale post titoli di coda, in cui si vede il tizio che c’ha provato con me che stava parlando con un altro tipo. Passandogli accanto, ho distintamente udito la parola “raggi”. Buona fortuna! A entrambi.

I raggi (storia di un baccaglio in tre puntate) – 2

(voce maschile e sexy
Previously on I raggi: link alla prima puntata
SECONDA PUNTATA

Hai solo quattro raggi. Te ne mancano tre.
Ora, io devo dire che di frasi da approccio ne ho sentite e dette tante. Voglio dire, io sono quello del “Scusa, è tua questa pallina?” e del “Ehi. Mi presti un appuntalapis dove con appuntalapis intendo il tuo numero di telefono?” e del “Ciao. Sto per fare una figura di merda: mi chiamo Tredici e mi piaci” e del “No scusa è che un mio amico mi ha spinto e comunque Tredici, e tu sei…?”
– un inciso franco e veloce: scrivere su un blog 
ti fa capire come mai sei single. Fine dell’inciso franco e veloce –
Comunque, nonostante la mia esperienza nel settore, nessuno mi aveva mai approcciato parlandomi dei miei raggi.
Ehm. I raggi? – domando, immaginandomi una bici, e poi il sole dei Teletubbies con la mia faccia dentro. Il mio interlocutore annuisce come se parlare di raggi in una discoteca fosse la cosa più naturale del mondo. Alché decido di fare il simpaticoAhhh già i raggi: sì, li ho lasciati in frigo.
Ma che frigo, li hai distrutti, deh. 
Eheheh che imbranato. (Ciuffo, Giuliano, dove siete?)
Non mi hai ancora detto che ci fai qui da solo…
Non te lo posso dire – cerco di tagliare corto. Mica gli posso stare a spiegare che mi girano gli zebedei perché le mie due prede della serata hanno deciso di unirsi biblicamente sotto i miei occhi impreparati ad osservare quella drammatica scena.
“Non te lo posso” dire è una sovrastruttura. – fa lui – “Non te lo voglio dire” è la verità. 
A questo punto credo di avere sufficienti elementi per ritenerlo pazzo, ma siccome sono in vena di masochismo continuo a parlare. Il fatto è che non sopporto le persone che se la tirano e che non danno nemmeno una possibilità, e non voglio tirarmela le volte che mi capita di piacere a qualcuno [non capita spesso, N.d.A.]. E poi questo tipo ha persino esordito con qualcosa che non fosse scontato come, non so, la scena di sesso a metà di un film di James Bond. 
Il problema è che, prima o poi, l’altro dirà qualcosa come…
Dai, vieni a ballare con me.
Ecco, appunto.
TO BE CONTINUED

I raggi (storia di un baccaglio in tre puntate) – 1

PRIMA PUNTATA

Ma cos’ha lui più di me? A parte i capelli biondi, le spalle larghe 
e quel visino pulito che mi divertirei a puntellare con un chiodo.
Sono solo, in una discoteca, seduto su un divanetto, abbastanza impegnato a maledire l’eventualità, tipicamente omosessuale, di dover spendere qualche secondo della tua vita a osservare gli unici due ragazzi che ti piacciono mentre limonano l’uno con l’altro. Gli etero possono risparmiarsi questa crudeltà visiva, e forse è per questo che sono mediamente meno acidi e riescono a guardare cose come il meteo del TG4 o un qualsiasi sketch che coinvolga Carlo Conti e trovarle simpatiche. 
Sono appunto intento ad enucleare tutti i programmi televisivi di cui avrei potuto godere quando sento una voce. Dolorosamente troppo vicina perché io possa fare finta di niente.
Ehi. Che ci fai da solo così sconsolato?
Non mi volto. Anzi, alzo lo sguardo e noto ancora una volta le due lingue maledette che si contorcono l’una sull’altra in un’esplosione di passione e saliva, saliva che spero sia secreta in quantità sufficiente affinché l’epatite B sia trasmessa da uno all’altro. Ho controllato, esiste una minima possibilità di contrarre l’epatite B tramite bacio. C’è scritto su Yahoo Answer che in questo momento è la fonte più scientifica e nessuno osi contraddirmi per favore. 
Nah, niente – faccio.
Il tizio ridacchia e si siede. Ciò che dirà dopo tre secondi mi avrebbe fatto restare di sasso.
TO BE CONTINUED

Foto con dedica

A tutti quelli che non perdono occasione per precisare, puntualizzare, che si aggrappano ad ogni virgola ambigua per andarmi contro, commentare con saccenza, criticare, giudicare senza conoscermi, a tutti coloro che mi consigliano di fare così o cosà “perché sennò sbagli”, e poi magari proprio loro fanno così o cosà, e poi magari io li ascolto e sbaglio lo stesso, a loro che non capiscono che  le cose le voglio sbagliare a modo mio e non a modo loro, a tutti quelli che non si rendono conto che su questo blog o su twitter o sul mio profilo facebook io racconto solo la parte della mia vita che voglio raccontare, che se scrivo una cosa sarcastica o ironica vedrai vedrai è perché voglio fare il sarcastico o l’ironico, a tutti quelli che non si sa come ma non hanno ancora capito che io stesso non mi prendo troppo sul serio, ecco, a te che ti rispecchi in qualcuno dei periodi qui sopra, io ti dedico questa foto:

Dal più profondo del cuore
(che pompa sangue e sarcasmo)
Tredici

Possibile scambio di battute all’ingresso di una palestra

Ciao e benvenuto alla palestra Olympida io sono Vanessa e so che con questa tutina azzurra e il nuovo colore dei capelli “biondo nastro isolante” ti ricordo vagamente una versione più porca di Puffetta ma ti assicuro che mi troveresti attraente se solo tu fossi capace di provare attrazione fisica per noi che siamo provviste di vagina invece di desiderare continuamente il peccato con altri tuoi simili ma per fortuna io non sono come te e anzi ho una ferrea educazione morale basata su Gesù e zero carboidrati per quanto poi sia costretta a sorriderti perché mi pagano per assumere l’espressione di quella che è felice di dartela non appena hai firmato l’abbonamento. Posso fare niente per te?
Ciao io sono Tredici ed effettivamente mi vorrei iscrivere anche se sono un po’ sdubbiato dal fatto che ho paura che costi un fantastiliardo e questo potrebbe essere un problema in quanto io non lavoro sono solo uno studente e tra parentesi faccio informatica quindi rappresento la categoria umana più sfigata dopo i vegani ma rimane il fatto che sono squattrinato però vorrei iscrivermi lo stesso perché mi piacerebbe trombare qualche volta pensa che stamattina mi sono svegliato e avevo in testa i Power Francers che non so se hai presente ma sono quelli che cantano Voglio solo limonare limonare limonare e pertanto temo sia arrivato il momento di avere accanto qualcuno a cui fare le coccole. Vendete tamagotchi?

Disclaimer
è tutto molto ironico,
non prendetemi sul serio,
mai, mai, mai, quasi mai.