Natale (sì, tocca parlarne anche a me)

La cosa veramente drammatica del Natale è che c’è da parlarne. Per dire: stamani mi sono svegliato pensando che avrei tanto voluto scrivere a proposito della frequenza con cui Simona Ventura si fa un lifting, con tanto di grafico che esprimesse il valore in interventi al minuto, ma poi ho dato una scorsa alla lista di blog che seguo e non ho notato un solo post che non avesse nel titolo le parole “Natale”, “Christmas” o “Auguri”. In realtà ce n’era uno che titolava “Viagra”, ma quello è il blog di Alan, e si sa che non conta. Poi do un’occhiata a facebook, e perfino la pagina di Sarcasmo, a cui sono fieramente iscritto, augura un sarcastico Natale a tutti.
Quindi niente. Niente post sulle operazioni della Ventura. No, perché mi è proprio passata la voglia. È già stato tanto se non ho trovato una dozzina di senzatetto in salotto con mia madre che dava loro la minestrina e una coperta di pile.
Ora, non voglio fare il radical chic che deve per forza dire di odiare il Natale per darsi un tono e distinguersi. Non ce n’è bisogno, e comunque sarebbe del tutto inutile dato che ormai va troppo di moda dire che si odia il Natale. Ma la mia non è una moda: io davvero aborro questo concetto dell’essere buoni per forza, dei regali da fare per forza, di Mariah Carey che strilla per forza, e poi le lucine, le lucine, oddio le lucine! Mentre torno dalla città verso casa mia mi sembra di entrare a Chinatown. 
Ma non so perché ho questa repulsione verso il Natale. Forse perché è un periodo che ricollego a dei momenti particolari, o forse è perché sono acido. Comunque, ci sono delle cose che mi piacciono del Natale: il pandoro, le vacanze, che c’è più tempo per stare con gli amici, il pandoro, le pubblicità dell’intimo con tutta ‘sta ggente ggiovane e bbella, e il pandoro.
Perché dai, in fondo in fondo sono dolce anch’io.
Merry Christmas, Merry Crisi!

Quanto non fa zero al quadrato?

Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno.
Zero al quadrato non fa uno, idiota.

Fa zero. Proprio come i miei neuroni.

Domani mando il curriculum allo Stefan. Speriamo mi prendano.

On air: Yeah yeah yeahs, Heads will roll

That’s amore (trash version) – Dean Martin feat. me

When the moon hits your eye
like a big pizza pie
That’s CHE HAI FAME…

When the world seems to shine
like you’ve had too much wine
That’s ACTUALLY THE WINE…

Bells will ring
ting-a-ling-a-ling,
ting-a-ling-a-ling
And you’ll sing “CHE CORBELLO”

Hearts will play
tippy-tippy-tay,
tippy-tippy-tay
Like YOU MADE A SPINELLO…

When the stars make you drool
just like a pasta fazool
That’s CHE HAI ANCORA FAME…

When you dance down the street
with a cloud at your feet
You’re REALLY DOPED

When you walk down in a dream
but you know you’re not dreaming, signore
Scuzza me, but you see, I LOVE LSD
That’s amore!

E se la vuoi cantare, ecco la base musicale!

L’informatico buon samaritano *

On air: Goldfrapp, Ooh La La

Dunque, partirei con un assunto: mi piace quello che studio. Il problema è che solitamente quelli che studiano ciò che studio io sono molto più appassionati di me. Nel senso che anche quando non studiano… studiano. Tornano a casa dall’università, e continuano a fare cose che più o meno riguardano l’università.
E sia chiaro: li ammiro e invidio molto, per questo. Okay, li considero anche dei deviati, ma è così che dovrebbe essere. Certo che molti avrebbero bisogno di una doccia ma, per fornirli di una giustificazione, non sono sicuro che sappiano dell’esistenza del sapone. O dell’acqua.
Quindi immaginate cosa sono stati questi anni all’università: sempre io a chiedere aiuto, e mai a fornirne. Non perché io sia un bastarducolo avido di sapere, ma perché solitamente il livello di conoscenza degli altri è pari o superiore al mio. La mia amica A. una volta ha definito noi due come “intelligenze medie”, e dopo un attimo di riflessione ho convenuto che come definizione fosse calzante – e neanche troppo discriminante. Devo dire che gli informatici sono sempre molto gentili nel darti aiuto. Magari a qualcuno fa piacere poi farti pesare il fatto che ti è assolutamente superiore e che probabilmente un giorno sarà il tuo capo, ma mi è sempre parso un prezzo accettabile. Anche considerando il fatto che forse un giorno lui sarà il mio capo: io potrò sempre crogiolarmi nel pensiero di non aver mai avuto i capelli unti.
Oggi è accaduto l’inimmaginabile. Ho aiutato una ragazza in laboratorio.
Che non sapeva spegnere il computer.
Con molta umiltà le ho mostrato il tasto di End session e lei mi ha ringraziato come se fossi appena diventato il suo guru informatico (un guru che si era fatto una doccia di recente, oltretutto). Sono entrato immediatamente in modalità DELIRIO DI ONNIPOTENZA e adesso sto pensando anche che, se mai mi capiterà di avere una scarsa autostima, potrei cercarla per spiegarle come si fanno le lettere maiuscole.
* sì, come titolo fa cagare. 

Biunivocità

Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l’imbecille,
mentre il contrario è del tutto impossibile

Non ho mai capito perché questa frase la citino sempre solo gli idioti.

Foto reportage di Mr Sporco 2011

Esclusivo, solo per Zucchero Sintattico, abbiamo le foto del protagonista del mio post di cui vi metto il link. È stata un’impresa ardua, un’operazione di spionaggio riuscita neanche poi così bene. Ma ecco qui la foto che testimonia l’esistenza di Mr Sporco 2011. Non si vede, ma vi garantisco che c’è scritto Lucca Comics 2011 e la data 30/11.

Giornate moccaccino

È giunto il momento di dare un’utilità sociale a questo blog.

Bene, ora che avete finito di ridere, vorrei continuare.
Vorrei parlare delle macchinette del caffè, e spiegarvi le varie diciture che vi compaiono. Ebbene sì, quella che state per leggere è una mini guida sull’incredibile mondo della caffeina delle macchinette. Ora, forse sto esagerando un po’, ma vi garantisco che chiuderete questa pagina molto più istruiti.
Mi sono sempre domandato quale fosse la differenza tra
1) cappuccino
2) cappuccino dolce con cioccolato
3) moccaccino.
Bene, dopo mesi di esperimenti, posso dire che la differenza è… NESSUNA! 
La quantità è la stessa, il costo è lo stesso. E, soprattutto, il sapore è lo stesso. Cambia solo il tasto da premere.
Questo l’ho preso ieri.
Lo riconoscete?

Sia chiaro che sto parlando di queste tre bevande riferendomi esclusivamente a quelle erogate (si dice “erogate” per il caffè?) dalla macchinetta. Perché se volessimo andare a vedere la definizione precisa, Wikipedia è molto chiara: A differenza del semplice cappuccino al cioccolato, il moccaccino ha una maggiore panna di latte e l’aggiunta del cacao.

Ora, poiché questa è una guida seria, vi do anche dei consigli. Secondo me potreste dividere le tre bevande a seconda di un fattore psicologico. Io, per esempio, quando sono abbastanza sereno prendo il cappuccino normale. Invece quando sono un po’ in ansia prendo quello con l’aggiunta del cioccolato. Ma quando sono sul depresso andante, ecco che premo con fierezza il tasto corrispondente al moccaccino. E andrà tutto molto meglio!
Per me è il moccaccebo: il moccaccino placebo.
On air: Tricarico, Il caffè

Esseri umani #3

Ora, al di là della perplessità riguardo al fatto che questa imbrattatrice abbia bisogno di un minuto per capire il verso della zeta, mi giunge alla mente un secondo interrogativo: ma questa povera creatura a cui la scritta è dedicata ha solo le mani come caratteristica? 
Per carità, evviva l’originalità. E poi le mani sono una parte del corpo splendida, una delle mie preferite. Però mi domando quale sarà il prossimo nomignolo che troverò scritto su un qualche muro.
Inoltre, se proprio la vogliamo dire tutta, sono lievemente preoccupato che qualcuno potrà mai scrivere qualcosa del genere anche a me. Se tra i miei lettori c’è qualcuno che ne ha intenzione, vorrei subito avvisare che non gradisco molto essere chiamato “Naso importante“. Indipendentemente dal fatto che in effetti se mi volto di scatto faccio riscontro.

On air: Justice, D.A.N.C.E.

Hai mai provato il sapone?

On air: Baustelle, Panico!
Cosa da sapere #1: ai Lucca Comics and Games danno un braccialetto di carta (ogni giorno dell’evento è di un colore diverso) che tu devi indossare e mostrare all’ingresso dei padiglioni. Così i tizi dello staff capiscono se hai pagato il biglietto per quel giorno: se ti vedono il braccialetto del colore del giorno ti fanno entrare, altrimenti no. Ripeto, è un braccialetto di semplicissima carta che viene via alla prima doccia.
Cosa da sapere #2: i Lucca Comics ci sono a fine Ottobre, inizio Novembre. Mentre oggi – ahinoi – è il 2 Dicembre.
Cosa da sapere #3: sono appena uscito dalla lezione di Calcolo delle Probabilità e Statistica, e il tipo che era seduto accanto a me emanava un leggerissimo odore di unto. Gli guardo il braccio, e aveva al polso il braccialetto verde fosforescente dei Lucca Comics del 30 Ottobre.
Ora che sapete queste tre cose, secondo voi, chi vince gli Sporco Awards 2011?

Tredici settimane di felicità

On air: Regina Spektor, Better
(sì, lo so che l’ho già pubblicata, 
ma ci sta bene come soundtrack del post!)

All’inizio della scorsa primavera ho passato un periodo a tormentarmi per il mio essere così tremendamente negativo e paranoico. Sì, lo so che è buffo: mi faccio le paranoie anche perché ho le paranoie. Una mia amica di Latina (chissà se mi legge ancora!) mi disse che è vero che la crisi, la fame nel mondo, le guerre e i disastri ambientali non sembrano niente quando abbiamo un problema noi, ma almeno possiamo usarli per… riclassificare il nostro problema, per vederlo sotto una nuova ottica, per re-inquadrarlo. Okay, lei si espresse sicuramente in un modo più morbido e poetico, ma io non ricordo le parole esatte.
Avevo questo pensiero in testa: riuscirò mai ad essere contento di quel che ho, invece di essere infelice per quello che non ho? 
Il 9 Marzo 2011 era un mercoledì, e io comprai un quaderno. Aveva la copertina completamente nera, su cui io scrissi sopra il titolo:
Tredici settimane di felicità
Sulla prima pagina, le regole:

1) Ogni giorno scrivi qualcosa di bello. Che ti ha fatto fare una risata, o un sorriso, o che in qualche modo – anche minimo – ti ha fatto stare bene.
2) Non sentirti ridicolo. È solo un esperimento!
3) Sforzati: qualcosa di bello ti accade ogni giorno, per forza.
4) Dopo tredici settimane, al giorno 91, fermati. E rileggi ciò che hai scritto.

Okay, lo so. È una cosa che fa molto psicanalisi alternativa, ma vi faccio notare che non ho scelto di spremermi un melograno sul petto cantando delle mie paure più recondite. Ho scritto un quadernino! Okay, okay, mi merito tutte le prese in giro. Fatto sta che ogni giorno scrivevo una frase, o anche solo una parola, riferita a qualcosa che mi aveva strappato un momento di spensieratezza. (Piccolo inciso: il fatto che una delle parole più quotate sia aperitivo dovrebbe in qualche modo costringermi a farmi delle domande?)
Ho finito il quaderno?
No. Il giorno 71 (“birra con Tiz”) è l’ultimo appunto che ho preso. Poi è successo qualcosa che è stato troppo doloroso da sopportare, e anche quando mi sono ripreso non ho più continuato a scriverci. Quel quaderno è rimasto chiuso nel mio comodino fino ad oggi, quando l’ho preso e l’ho sfogliato, tremando.
Ho deciso che lo voglio ricominciare. Non so se servirà davvero a qualcosa: credo di aver capito che a volte si è semplicemente nati in un certo modo, o si sta passando un certo periodo, e che pertanto non si può essere troppo felici. Ma… scrivere non costa niente. E chi sa che non mi aiuti davvero ad apprezzare quello che ho.
Che siano le prove della coreografia del ballo del pesce (giorno 2), che sia Giuli che mi porta a casa il gelato (giorno 37), che siano due bottiglie di vino e tre amiche a Ferrara (giorno 8), che siano i primi piccoli successi col progetto in F# (giorno 23), che sia qualcuno che mi si siede accanto in biblioteca (giorno 49), che siano le chiacchiere con Ciuffo (giorno 22), o che sia Quel bacio (giorno 45).