I distruttori di porte

Tra i vaghi ricordi del Liceo c’è quello che le sorelle Bronte tenevano un diario dove annotavano i sogni che facevano di notte. Questa nozione fondamentale (ehi, il rilevatore di sarcasmo segna 1000) mi colpì talmente tanto che è una delle poche cose che ricordo delle Bronte, insieme a “Heathclifffff, it’s meeee, Cathyyyy” e al fatto che l’unico fratello si drogava – probabilmente per la sopportazione di tre scrittrici pettegole a cui era costretto.
Il punto è che vorrei iniziare a raccontare anche io i miei sogni. Sarà un’impresa difficilissima perché raramente me li ricordo, però alcuni sono divertenti. Ad esempio quello due notti fa, di cui ho qualche flash. Se tra i miei lettori c’è qualche psico-qualcosa che riesce ad interpretarli… sarei molto curioso!

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I distruttori di porte
sognato da: Alessandro Bianchi
in data: 28 Luglio 2010
genere: commedia

E’ notte. Sono in un paese ignoto, che probabilmente non è molto avanzato per quanto riguarda la tecnologia. Le strade lastricate mi ricordano Gombitelli o un qualche altro posto sperduto tra le colline. 

Io sono insieme a Giulia, Alfredo e Matteo. Siamo tutti e quattro vestiti di bianco e blu, e ricordiamo tanto dei crociati medioevali finlandesi. Boh. Non cercate su google l’abbigliamento di un crociato medioevale finlandese, non credo che ci sia. Non so nemmeno se esistono i crociati finlandesi. Ad ogni modo, siamo vestiti con delle tuniche: bianche attraversate da strisce blu. 

La nostra missione è semplice: andare alle porte degli edifici di quel paesino, bussare, e poi distruggere la porta. Lo abbiamo appena fatto con una in legno, quando sentiamo dei rumori. Ecco che arriva un’altra squadra di distruttori di porte. E’ chiaro che è un’altra squadra: hanno delle divise con colori diversi. L’unica persona che conosco di quell’altra squadra è una certa E.P. (non scrivo il nome completo per questioni di privacy e perché non vorrei mai che sapesse che l’ho sognata!), con cui non ho mai avuto confidenza, e che non vedo da anni, credo. Non ce l’ho nemmeno come amica su facebook, per dire – e questo è indicativo, visto che notoriamente su facebook si hanno i contatti di cani e porci.

Beh, ‘sta E.P. si avvicina e mi chiede, molto timidamente: “Ci vieni con me?”. Una proposta indecente, era chiaro! Ma io nel sogno le dico di no, per qualche motivo. Lei raggiunge i compagni di squadra e vedo che le sue amiche ridacchiano, ma lei è dispiaciuta.

Allora, mosso dalla pietà, le urlo “No dai, ci ho ripensato!”, ma lei a quel punto mi dice che “ormai è troppo tardi”. Mi sembra che a questo punto il sogno finisse.






Bifröst

“Per vederlo, prima bisogna che piova”

Frantumi

. del vetro della mia auto.
. di tutti i miei sforzi.

Domande, #2

“Credo che le risposte rendano saggi, 
ma le domande rendono umani”

Una mela al giorno toglie davvero il medico di torno?
Ma se ne mangio due, vale anche per il giorno successivo?
O peggio: ne annulla l’effetto?
L’allontanamento del medico
è proporzionale alla quantità di mela ingerita?
Se mangio mezza mela, devo aspettarmi un lieve raffreddore?

E’ preferibile stare in un laboratorio deserto
o in una biblioteca semi piena dove non ti salutano?

Perché la regina Grimilde non si accorse che il cuore
portatole dal cacciatore era un cuore di cinghiale?

La mia amica Giuli, che studia anatomia,
avrebbe saputo riconoscere la differenza?
Se ci fosse stata Giuli al posto di Grimilde
la favola sarebbe andata diversamente?
Giuli avrebbe avuto bisogno di avvelenare una mela?

Quanto costa una possibilità?
Se è vero che il prezzo per concederla
è alto in termini di tempo, seccature, responsabilità,
non è altrettanto cospicuo il guadagno?

Resistere più di un mese senza avere l’armadio è possibile?
Che differenza c’è tra questa prova e il test di Cooper?
A Guantanamo ci sono gli armadi?

I gatti non sbucciano le mele: perché non le gradiscono
o perché non sono dotati del pollice opponibile?
(sì, oggi c’ho il pallino delle mele, abbiate pazienza…)

Perché non funziona la accept()?
A cosa serve una accept()?
Ma soprattutto: che cazzo ho fatto io alla accept()?
Ce l’ha con me? In che modo posso farmi perdonare?

Esiste un legge naturale
che impone ai fogli di brutta
di scomparire nel momento del bisogno?

E’ giusto cambiare l’importanza delle proprie ambizioni
solo perché quella al primo posto è sempre più irrealizzabile?


Sfiga

1. Recarsi alla macchinetta delle merendine

2. Mirare il favoloso pacchetto di Oro Sandwich

3. Inserire 70 centesimi

4. Digitare il numero corrispondente agli Oro Sandwich e dare l’ok

5.

Let’s rock, and let’s roll!

Mi dà un’immensa soddisfazione scoprire nuova musica. In realtà, il talent scout sarebbe un’attività davvero interessante, ma per adesso mi accontento di farla per hobby.
Dicevo. Mi dà soddisfazione scoprire nuova musica. E’ per questo che sono molto invidioso della mia amica Laura, che ha scoperto il gruppo che probabilmente sarà la vera novità di quest’estate. Per quanto mi riguarda, ovviamente.
Si chiamano Baseballs e suonano in chiave rock ‘n roll alcuni tra i principali successi pop degli ultimi anni. Il video che sto per pubblicare è quello di Umbrella. Rihanna, non avresti mai pensato di sentire questo!

Domande, #1

“Credo che le risposte rendano saggi, 
ma le domande rendono umani”






Perché Gigi D’Alessio vende?
Come è possibile?



Perché è così ovvio entrare in un negozio
e scoprire ad un prezzo più conveniente
la stessa cosa che hai comprato dieci minuti prima?



Se chiami “rosa” una margherita,
essa smette di essere margherita e diventa rosa?
Perché vogliamo vedere le rose
quando sappiamo benissimo che sono margherite?
Cosa c’è di sbagliato, in una margherita?



Qual è il confine tra
coraggio e spregiudicatezza?
Ha a che fare con un appuntalapis?



Perché tutti aspettano?
Aspettare che le cose accadano le fa accadere?
Aspettarsi cose dalle persone, crearsi delle aspettative: 
è più la soddisfazione quando succedono, 
o la delusione quando non succedono?



Venticinque gradi all’una di notte. E’ normale?




E’ lecito mascherare il dolore con un’illusione?



La cantantessa

Massa, Otto Luglio Duemiladieci

La cantantessa si presenta al pubblico di nero vestita. Si rivolge al pubblico che la inonda di affetto con un atteggiamento che è il giusto equilibrio tra raffinata eleganza e veemente determinazione. Bella e brava sarebbero due aggettivi troppo scontati per una cantautrice che mescola una voce particolarmente virtuosa a delle musiche toccanti accompagnate da testi le cui parole – scelte e precise – non sono mai a caso.
Ma mi sto perdendo in complimenti inutili e fintamente critici. Volevo solo appuntare qua di una serata all’insegna della bellezza (e dell’amicizia!). Chiaramente la mia macchina fotografica non riesce a capire che il soggetto è la persona sul palco e non le teste del pubblico, per cui la foto che segue è orribile (o forse non è colpa della fotocamera… Dovrei fare un corso?)



Elettra metteva la cipria consueta nella penombra
Negli occhi il riflesso di sensi abusati e bagliori di strada
Inquieta per l’ultimo appuntamento
Qualche minuto e lo avrebbe rivisto.

Da giorni in conflitto con quel turbamento
Sublime ed affine al dolore
Quell’altalenare tra stato di grazia e sfiancante passione
Quel giovedì sera alle dieci e quaranta
Un confuso languore, l’odore di neve
Forse era ansia di prestazione
Il colmo per una che fa quel mestiere.

Elettra quale audace acrobazia
Toccare il cielo con un dito e poi ridiscendere
Amato bene abbracciami alla luce del giorno
Tra sguardi indignati e la frenesia del resto del mondo.
Amore concediamoci quel viaggio imprevisto
La fuga dal solito itinerario costretto alla morsa dell’abitudine.

Perdona il ritardo
All’altezza del bivio
Fui colto da ignoto malore
Le gambe inorganiche, lastre di ghiaccio, improvvisa necrosi del cuore.
Per grazia divina la mente è rimasta
Illesa ed immune a ogni trepidazione.

Vengo a saldare il servizio d’amore:
oltre seicento gradevoli ore.

Elettra quale audace acrobazia
Toccare il cielo con un dito e poi ridiscendere.
Amato bene abbracciami alla luce del giorno
Tra sguardi indignati e la frenesia del resto del mondo.

Amore concediamoci quel viaggio imprevisto
La fuga dal solito itinerario costretto alla morsa dell’abitudine.

Amato bene abbracciami alla luce del giorno
Amato bene abbracciami alla luce del giorno
Amato bene abbracciami alla luce del giorno.

La finestra di fronte

Mio caro Simone, dopo di te, il rosso non è più rosso. L’azzurro del cielo non è più azzurro. Gli alberi non sono più verdi. Dopo di te, devo cercare i colori, dentro la nostalgia che ho di noi. Dopo di te, rimpiango persino il dolore che ci faceva timidi e clandestini. Rimpiango le attese, le rinunce, i messaggi cifrati, i nostri sguardi rubati in mezzo a un mondo di ciechi, che non volevano vedere, perché se avessero visto saremmo stati la loro vergogna, il loro odio, la loro crudeltà. Rimpiango di non avere avuto ancora il coraggio di chiederti perdono. Per questo, non posso più nemmeno guardare dentro la tua finestra. Era lì che ti vedevo sempre, quando ancora non sapevo il tuo nome. E tu sognavi un mondo migliore, in cui non si può proibire ad un albero di essere albero, e all’azzurro di diventare cielo. Non so se questo è un mondo migliore. Ora che nessuno mi chiama più Davide, ora che mi sento chiamare soltanto signor Veroli, come posso dire che questo è un mondo migliore? Come posso dirlo senza di te?

La mia maturità



Sia chiaro che questo post ha l’unico scopo di tirarmi su il morale e di verificare l’esistenza della mia dimenticata capacità comica. Ora, vorrei subito farvi notare di come io abbia associato le parole “unico” e “scopo” come se si trattasse di un binomio indivisibile e nelle successive due righe io abbia elencato due scopi, fregandomene della coerenza e del significato della parola “unico”. Avrei potuto correggere, visto che mi sono subito accorto dell’errore, ma in realtà tutto questo mi dà la possibilità di mostrare come la mente umana (anche la mia, toh!) sia conforme a schemi prestabiliti, e soprattutto mi dà la possibilità di allungare il brodo

Dicevo dello scopo di questo post. Sì. Lungi da me voler spiattellare ai quattro venti fatti della mia vita privati, delicati e decisamente drammatici, ma si dà anche il caso che io abbia superato ormai la tragedia di cui fui attore protagonista ormai due anni fa. L’esame di maturità. Ta da daaaan. Questa doveva essere una musichina thrillereggiante. Vabbè, continuo. Lo faccio perché questo è il periodo in cui la gente viene maturata – per quanto poi la “gente” in questione sia composta in gran parte da imbecilli, stronzi e, cosa ben più grave, fan di Gigi d’Alessio. 

Dunque. Un mese prima della maturità io mi ero in qualche modo convinto che NOOOO, a chi importa del voto? NOOOO, nessuno in futuro mi chiederà mai di quanto ho preso alla maturità e NOOOO, io vado là e faccio gli esami senza strafare, e accetterò qualsiasi risultato. Bene. Questo a un mese dall’esame. A trenta giorni dall’esame.

A ventinove giorni dall’esame, invece, realizzo che BEH, però forse potrebbe farmi soddisfazione avere un buon voto, e che BEH, è l’ultimo anno di liceo e un ultimo sacrificio lo posso anche fare, e BEH, in fin dei conti, sono sempre stato bravo, perché rinunciare a un riconoscimento importante come questo.

Così mi metto a studiare incessantemente.

Faccio anche la tesina, su cui vorrei che tutti facessimo un minuto di silenzio. Chiaramente la mia tesina è stata la migliore nella storia delle tesine della maturità. Il dandy moderno. Mi sono divertito da morire a cercare il materiale, ad impostarla e anche a preparare l’esposizione che è venuta scenografica e spettacolare. Beh, sì, già da allora si capiva che sarei diventato un grande uomo di spettacolo.

No, no, non ve ne andate! Torniamo all’esame.

Tema. La costituzione. Decisi di rischiare e osai con uno stile un po’ provocatorio. Ci misi due o tre frecciatine alla Lega, e il professore evidentemente apprezzò (beh, diciamo che le probabilità giocavano a mio favore…).

Seconda prova. Fisica


Scusate, stavo vomitando.

Dunque, fisica non è mai stata la mia materia preferita, devo dire. A nessuno dei miei compagni piaceva, tranne qualche eccezione. E infatti ci impegnammo tutti nello studiare ogni cosa. Credo che avremmo preferito una tortura cinese rispetto a studiare così tanta fisica. Tipo pettinarsi con un riccio di mare. Sdraiarsi tra due ippopotami. Scaccolare il proprio nonno. Cose così. E invece fu una vera cavolata, almeno per quanto mi riguarda. Uscii da scuola che ero proprio soddisfatto.

Terza prova – “il quizzone“, come dicono tutti i telegiornali (io seppi che si chiamava “il quizzone” proprio dai telegiornali, perché non ce lo disse nessuno). Inglese, biologia, matematica e informatica. Potevo fare molto meglio quel compito, se solo non avessi confuso due termini informatici. In seguito il professore mi disse che si vedeva che sapevo le cose, ma avevo invertito i termini. E allora non mi penalizzare! Vabbè, scusate se faccio il polemico: m’è rimasta lì.

Ma arriviamo al giorno dei giorni. L’orale. Ta da daaaan (stavolta l’avete capito che era una musichina thrillereggiante, no?). Che temevo più di ogni altra cosa. E a ragione!

Dunque, l’esposizione della tesina andò bene. Mi ero preparato in modo da rispettare i tempi e da mettere ogni tot qualche frecciatina alla politica italiana o all’omofobia. Sapete, per tenere viva l’attenzione con argomenti che fanno sempre molta scena.
Poi iniziò la vera e propria interrogazione.
Ciò che andò realmente male fu la parte che riguardava il primo professore: quello esterno di Italiano e Storia. Zeus lo fulmini. Comunque, mi chiese i poeti crepuscolari. Che erano chiaramente indicati sul programma con “Cenni di“. Beh, nessun problema, li sapevo. Gli dissi un po’ di cose elementari e feci anche qualche riferimento ad altri movimenti. Mi sentivo proprio figo. Poi però lui mi fece una domanda un pelino più ardita: “Che cosa c’è nel salotto di un crepuscolare?“. Ora, lasciamo perdere che sul programma c’era scritto “Cenni di”. Ma io vorrei tanto sapere se uno studioso del crepuscolarismo avrebbe saputo rispondere. I miei discorsi strampalati (cercavo comunque di inventarmi qualcosa, ma ormai ero andato nel panico) non lo convinserò, e mi spiegò che la risposta era “Un pappagallo impagliato“. Vabbè. Ero un po’ perplesso. 
Allora passò a Storia. Qui avevo bisogno di fortuna. Sapevo perfettamente alcuni argomenti, e di altri non sapevo praticamente niente. Quando si ha un mese a disposizione, si fanno delle scelte. 
Bene, parlami della Rivoluzione Civile Spagnola“.
Quando si ha un mese a disposizione, si fanno delle scelte, già. E io la Rivoluzione Civile Spagnola non l’avevo scelta.
Sssssì. Dunque. La Rivoluzione Civile Spagnola ha un dittatore che si chiama Francisco Franco… E… Ehm… Beh…
Dopo Storia, andai letteralmente in crisi. I professori interni – e la carinissima Presidente di Commissione – furono molto gentili nell’incoraggiarmi. Addirittura quello di Matematica mi chiese l’integrale delle funzioni trigonometriche, che sono cose elementari per un maturando. La professoressa di Inglese mi disse anche di “not worry”. Ma oramai non c’era più niente da fare. Il cervello era partito e quando l’esame finì mi aggrappai a una ragazza che era venuta a vedermi, la quale fu tanto gentile da non mettersi a ridere di fronte a quella scena patetica.

Ma non ci misi molto a superare la tragicità della cosa. Feci un mezzo incidente nel tornare a casa ma non si fece male nessuno. D’altra parte, se la gente si immette sparata nelle rotonde in cui sta già circolando un  debole maturando ferito, è chiaro che possono succedere fattacci sconvenienti!

Questa è stata la mia maturità. Tutti dicono che tornerebbero indietro a rifarla, se si potesse. Io no. Io non la rifarei davvero! Forse lo dicono perché hanno le rughe, e vorrebbero solo tornare indietro nel tempo per accarezzarsi la pelle granita. Beh, quando avrò le rughe, allora forse lo dirò anch’io. Ma solo dopo un ripasso accurato della Rivoluzione Civile Spagnola.