Cara Aurora
/3 Commenti/in Uncategorized/da Alessandro Bianchi
Secondo tentativo: un foglio bianco accartocciato che troneggia sulla sommità del cestino, come se si volesse imporre sull’altra immondizia. Mostra alcune parole trapassate da righe severe che ne sottolineano l’inadeguatezza.
Cara Aurora,
non ci crederai, ma non trovo le parole. Proprio io, il ragazzo forte e determinato. Quello che non indugia mai, che sa sempre cosa fare, e che quando si impegna riesce a trovare una soluzione che metta d’accordo tutti. Io, Filippo. Mi trovo in imbarazzo e pure un po’ spaesato, perché ciò che dovrei scriverti non riesce a trovare una collocazione su questo pezzo di carta. Tu diresti che è colpa della penna, ma io non credo sia così. Ho provato a sostituirla, e non è cambiato nulla. Forse in questi casi le parole giuste sono quelle più dirette. Forse tutti i tentativi di rendere dolce ciò che è inevitabilmente amaro sono vani, e allora è inutile anche solo perderci del tempo. Aurora, tra noi non può continuare. All’inizio è stato bello, fantastico, meraviglioso, ma adesso sono stanco, veramente molto stanco, e sarebbe scorretto e vile da parte mia non dirti che la colpa di tutto questo sia tua. Tutta.
Terzo tentativo: un file di testo lampeggia sul monitor del computer.
Cara Aurora,
sono circa cinque notti che mi siedo davanti alla scrivania con la stessa intenzione, e sono cinque notti che non riesco a realizzarla. Si tratta di scriverti. Questa sera la penna ha sputato alcune parole. Tutte sbagliate. Dovresti vedere la mia stanza ricoperta da pallottole di carta per capire. Tu non saresti molto contenta. Mi diresti che gli alberi piangono quando si spreca la carta (e magari useresti quella che ho qui per costruire un castello). Così ho deciso di scrivere al computer: almeno non danneggerò la natura.
Cinque giorni fa tornai a casa che ero veramente incazzato. Scusami, lo so che non ti piace quando uso queste parole. Ti avevo portata fuori a cena. Ero anche stato attento a non scegliere un ristorante troppo elegante né troppo frequentato, perché so che li odi. C’era anche la luna piena, e dici sempre che la luna è contenta quando è piena, e che quando la luna è contenta sei contenta anche tu. Per tre ore sono stato completamente tuo, e contemporaneamente ero rapito dal pensiero di quello che sarebbe successo dopo. A mezzanotte, quasi mi tradii quando mi sono voltato per cercare un cameriere che stava puntualmente arrivando. Ci servì due biscotti. Non ti lamentasti nemmeno del fatto che avevi ordinato la torta alle mele: sapevo che non l’avresti fatto. Iniziai a mordere il mio biscotto che già tradivo un sorriso, ma mi sforzai di guardare il mio piatto ostentando un’indifferenza che mi è costata tanta concentrazione. Per forza: non sono mai stato così in ansia. “Uh!” La tua esclamazione di sorpresa interruppe il mio cuore. Non pensavo che potesse smettere di battere per così tanto tempo. Sollevai lo sguardo giusto in tempo per vederti estrarre il biglietto dal biscotto. Avevi nel volto la solita espressione bambina di sempre, curiosa e trasognata. Potevo seguire i tuoi occhi azzurri mentre scorrevano sulle parole del biglietto. Vuoi sposarmi? c’era scritto. Hai cominciato a ridere, e quando mi hai guardato i tuoi occhi brillavano felici. E così mi sono unito a te, a ridere con te, e forse anche i miei occhi hanno brillato felici come i tuoi. E poi, sempre col sorriso sulle labbra, mi hai detto… “No”. Non ho capito subito ciò che avevi detto. Probabilmente non avevo ancora la capacità di connettere una parola tanto malvagia alla reazione gioiosa di un momento prima. Eppure me lo hai ripetuto: “No”. “No? In che senso?” Lentamente il mondo si stava distruggendo: vedevo i camerieri sprofondare nelle crepe del terreno, e i tavoli cadere, e le luci crollare dal soffitto, e la terra e l’aria scuotersi. Ma doveva succedere nella mia testa, perché tu non battevi ciglio e continuavi a fissarmi, intanto che giocherellavi con la treccia bionda dei tuoi capelli. “Non voglio sposarti, Fil. Ci sono tante altre persone al mondo che voglio amare. Questa cosa che voi fate, il matrimonio… Funziona tra due persone, e esclude i cinque miliardi e novecentonovantanove milioni e novecentonovantanove mila novecento novantotto che restano. No, Fil, non possiamo permetterci di lasciarli tutti fuori”. Ad ogni tua parola che ascoltavo ero sempre più basito. Ti conosco bene, e non avrebbe dovuto sorprendermi una filosofia del genere. Ma proprio perché ti conosco bene so che non avresti mai cambiato idea. “Ma tu… mi ami!” provai a ribattere, conscio che ogni confutazione razionale sarebbe stata vana con le tue strambe idee sull’amore. “Certo che ti amo… Tu?” E già sorridevi, come se tutte le parole che avevi appena pronunciato fossero evaporate, e per questo non più degne di essere considerate. Invece no. Io ero rimasto ferito dalla tua sentenza. Non ti risposi. Lasciai dei soldi sul tavolo, poi mi alzai e me ne andai via.
Forse ti starai chiedendo come mai ti abbia ripetuto tutto questo. Ebbene, non sono così sicuro che tu abbia realizzato di avermi fatto molto male, e non escludo che tu abbia già dimenticato quel che mi hai detto. Invece devi sapere come mai ti sto per lasciare.
Così finisce quel che chiamavamo la nostra fiaba. Senza un E vissero felici e contenti. Ti ricordi il nostro C’era una volta? Come tutto è iniziato? In libreria, un inverno di sette anni fa. Stavo cercando una copia de La Sirenetta da regalare a mia nipote, ricordi? Quando finalmente la trovo, mi compari davanti, strappandomi il libro dalle mani. Sembravi disperata, ma l’unica cosa che notai fu la luce azzurrina dei tuoi occhi. “Non è come pensi: è una storia triste! Non comprarla, non comprarla, ti prego…”. Eri abbattuta, mentre cercavi con tutte le tue forze di convincermi a cambiare libro, a scegliere i fratelli Grimm, o Collodi, o Edipo. Solo adesso, in questo preciso istante, capisco che in quella libreria, in quel Dicembre freddo di sette anni fa, tu già mi amavi. E che in quel ristorante di cinque giorni fa, tu ancora mi amavi. E che nel frattempo tu hai avuto modo di raccontarmi tutte le tue fiabe preferite, centinaia e centinaia di volte.
Quarto tentativo: un bigliettino piegato in due, posato sul comodino. Pronto per essere infilato di nascosto nella borsa di una ragazza dagli occhi azzurri.
Cara Aurora,
a volte sono un po’ ottuso, e non arrivo a capire nemmeno ciò a cui un bambino arriverebbe con semplicità. Per questo ci sei tu con me.
Ti amo.
Tuo Fil
H.E.R.O.I.N. Non si parla di droga
/0 Commenti/in Uncategorized/da Alessandro Bianchi…ma di creatività, che in effetti è come una droga.
I talk about you like it’s a drug
I call you h.e.r.o.i.n.
cause it will eases the pain till it’s numb
I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road
I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the world
I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the hope
I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road
You are my h.e.r.o.i.n.
Gonna breathe clean air tonight
You are my h.e.r.o.i.n.
wanna see blue skyes in the night
You are my h.e.r.o.i.n.
gotta play with the raw stuff it’s fun
You are my h.e.r.o.i.n.
Wanna feel your push in my run
I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road
I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the world
I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the hope
I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road
Post serio. No, no, scherzo!
/4 Commenti/in Cose che penso/da Alessandro BianchiPetizione contro l’informatica insegnata da chi non è abilitato
/3 Commenti/in Uncategorized/da Alessandro BianchiL’assegnazione di Informatica a chi non ha il titolo per insegnarla tenta di risolvere il problema della soprannumerarietà creata dalla Riforma per questi insegnanti: moltissime ore di laboratorio sono state eliminate dalla Riforma e questo causerà la perdita di moltissimi posti di lavoro per Stenografi, Dattilografi e Trattamento Testi.
Ma invece di risolvere il problema, la Gelmini lo trasferisce alla classe di Informatica. E’ il buon vecchio problema della coperta corta: se copro la testa scopro i piedi. E oltre a essere inefficace questo provvedimento crea un orrore didattico: l’Informatica insegnata da chi non ha il titolo e la preparazione per insegnarla.
Se come me pensi che questo non sia il modo per risolvere i problemi creati e che TUTTE le materie devono essere insegnate da chi è preparato per farlo, senza trucchetti, pressapochismo e storture di comodo, firma per favore questa petizione:
Derby regionale
/8 Commenti/in Cose che mi succedono, Cose che penso/da Alessandro Bianchi[…] La fiducia dell’Italia in Berlusconi è oltre il 60%. Non importa che la sua politica reazionaria e classista tagli i salari e gli investimenti, distrugga la scuola, la sanità, la ricerca, l’ambiente, metta la mordacchia alla giustizia, all’informazione libera, alla satira. Non importano le leggi ad personam, i conflitti di interesse, la gestione delle emergenze affidata a una cricca. Non importa il disprezzo della Costituzione, del Parlamento e della divisione dei poteri. Non importano gli attacchi al Presidente della Repubblica, all’unità sociale del Paese. Non importano lo sdoganamento del Fascismo, il razzismo di Stato, le guerre criminali, il ritorno al nucleare. Non importa che un affarista senza scrupoli metta al servizio della sua azienda e dei suoi problemi con la legge l’intera macchina dello Stato (una cosa che non c’era neanche all’epoca del Fascismo). Tutto questo non importa: la fiducia dell’Italia in Berlusconi secondo i sondaggi è oltre il 60%. Come si spiega tutto ciò? Io ho una mia teoria. […]
Notando il mio silenzio, uno di loro mi chiede per che squadra tifo.
Ci sono rimasti male.
L’eleganza dei bottoni septici
/2 Commenti/in Cose che mi succedono/da Alessandro Bianchii suoi bottoni septici
fiaccolano, leccando
sorgenti omofone
di silenzio scissile
onde tattili, puntiformi
Ieri, le rane.
/3 Commenti/in Cose che mi succedono/da Alessandro Bianchi1) che sono acidissimo,
2) che il fucile d’assalto con cui ho più feeling è l’mp5 (che per me può essere un formato musicale, al limite…),
3) che il personaggio di Fabrizio de André che mi rappresenta è un matto,
4) che tra Illuminista, Romantico e Decadente sono decadente (ho ripetuto tre volte il test per farmi venire quel risultato! L’autore del test è un pochetto confuso al riguardo…).
Eccolo. I Mistici dell’Occidente. Mio. Non è l’album che mi aspettavo, ma non ne sono deluso. Il rock mistico e spietato del Baustelle si incupisce e al contempo si eleva. Come da titolo, risuona misticheggiante. A livello di testi è più maturo dei precedenti, forse troppo maturo per me. Maturità significa malinconia. Per il tempo che passa, per gli amori vissuti senza passioni, per l’esagerata importanza data all’immagine. Pesci avvelenati in mezzo al mare.
ignari di ciò che sarebbe poi successo
dopo la maturità
eccoci che attraversiamo i girasoli
bucanieri nati
andiamo via dalla realtà
dalle case popolari
che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?
l’ultima volta ti ho visto cambiato
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge
ma il segno del tempo rimane
nelle notti estive e nere
solo lucciole a guidarci nell’oscurità
un’era fa
la crudele pesca delle rane
in uno stagno usato per l’irrigazione
io e te
fratello mio
con gli ami e la torcia
che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?
l’ultima volta ti ho visto cambiato
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge
ma il segno del tempo rimane
ma voglio immortalarti e ricordarti così
coi sandali e il coraggio di Yanez
e porterò morendo quella gioia corsara con me
io nel frattempo me ne sono andato
se vuoi ti ho tradito
che effetto mi fa
la piscina di un agriturismo
ha coperto le rane
l’ultima volta che ti ho salutato
poi sono scappato nel cesso del bar
ed ho pianto sul tempo che fugge
e su ciò che rimane
O temere l’aldilà
/1 Commento/in Uncategorized/da Alessandro Bianchisenza chiedersi perchè
come il falco e la rugiada
e non dubitare mai
non avere alcuna proprietà
rinnegare l’anima
come i sassi e fili d’erba
non avere identità
Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
perduti antichi eroi
noi due che al binario ci diciamo addio…
non volere mai la verità
o temere l’aldilà
navigare senza vento
migliorare con l’età
c’è un amore che non muore mai
più lontano degli dei
a saperverlo spiegare che filosofo sarei
Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
falliti antichi eroi,
noi due che al binario salutiamo…
Gli spietati salgono sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi innamorati eroi,
noi due che al binario ci diciamo addio…
noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai.
non ci siamo amati
divertiti
pervertiti
dimenati
spaventati
rovianati
licenziati
lo saprai
noi ci siamo persi
ritrovati
poi bucati
c’è un amore che mi lacera la carne
ed ancora tu lo sai
noi ci siamo amati
violentati
deturpati
c’è un amore che mi brucia nelle vene
e che non si spegne mai
noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai