Non ricordo se alle elementari abbia mai avuto un insegnante poco competente. Le maestre erano tutte brave, oppure io ero troppo ingenuo e ancora troppo poco istruito per percepire una qualche loro mancanza. Comunque ringrazierò sempre le storielle di Leda (“le vocali litigano, una piange e va via e lascia una lacrima, che è l’apostrofo”) e l’abaco di Paola (“il pallino verde indica le centinaia, e va nel terzo stecchino”), e i buffi rimproveri di Luigina (“cosa ci fanno ancora là fuori, quelle befane?! la campanella è suonataaaa!”).
Alle medie ero già più perspicace, e posso tranquillamente affermare che il professor FR (musica) è stato il peggior elemento di quei tre anni, in cui è riuscito a insegnarci a suonare Venus al flauto dolce. E basta. Beh, cosa pretendete da uno che lascia una classe a guardare un film di Boldi e De Sica e se ne va a provarci con le bidelle?
Pensando al liceo, invece, posso ricordare alcuni casi di professori particolarmente incapaci o idioti. Ma il premio per l’incompetenza credo spetti all’insegnante di filosofia della terza. NC. A distanza di quattro anni, voglio sperare che la sua abilità abbia raggiunto un livello accettabile. In breve, sarebbe davvero carino se avesse capito la differenza tra “spiegare” e “far leggere il libro dagli alunni”. E sarebbe altrettanto carino se avesse cominciato – finalmente – a studiare la filosofia.
Ad ogni modo, il post di oggi nasce proprio da un concetto che la giovanissima signora NC conosceva in modo sbagliato. Esatto, avete capito bene: sto per parlare di filosofia (ta ta ta taaaaa, musichina thriller). Non vorrei essere troppo palloso, quindi mi aiuterò con Wikipedia per descrivere l’esatta concezione pensata da Aristotele. Poi una bozza di quello che aveva capito NC leggendo dal libro. E poi finalmente possiamo passare alla mia versione, che è necessariamente più umile e idiota di quella aristotelica (e questo è il principale motivo per cui non mi troverete mai in un libro di filosofia).
Quindi:
– Aristotele (link): la sostanza è la più importante tra le categorie (che sono le caratteristiche fondamentali dell’essere), su cui poggiano tutte le altre categorie, e per cui una cosa può venir detta esistente.
– NC (il link non c’è, grazie al Cielo, ne metto uno a caso): insieme alla forma (come una cosa si presenta ai sensi) costituisce l’essenza di una cosa [in realtà questo concetto è parzialmente corretto, se sostituiamo qualche termine].
Grazie alla sbagliata interpretazione di NC, io ho potuto sviluppare una teoria. Questo è un punto a favore di NC, che subito viene perso se si pensa che tale teoria è completamente inutile e che viene pubblicata su questo blog insulso – di cui io però vado fierissimo, sia chiaro.
Ero lì che facevo merenda coi befanini inzuppati nella cioccolata, e pensavo a una conversazione avuta l’altro giorno con i parenti. Mia sorella aveva visto in un negozio un mobile fatto a cilindro che ha la caratteristica di ruotare su sé stesso. Ecco: mamma sosteneva che fosse molto carino; nonna, al contrario, pensava che si trattasse di uno spreco di soldi, in quanto avrebbe occupato solo spazio e non sarebbe stato utile.
Io, avendo da poco sviluppato una viscida tendenza al politically correct, ho concluso che preferisco un giusto compromesso tra l’estetica e la funzionalità, tra il bello e l’utile, tra la forma e la sostanza. La virtù sta nel mezzo.
Vi chiederete: cosa c’entrano i befanini inzuppati nella cioccolata? C’entrano eccome, perché proprio oggi ripensavo a quella conversazione. E pensavo – dimenticando completamente il proposito del politically correct – che non è vero che la virtù sta nel mezzo. Perché una cosa deve essere necessariamente un compromesso tra ciò che è utile e ciò che è bello? Non può essere una cosa bellissima e anche utilissima? Non si può tendere al massimo dell’estetica e al massimo della funzionalità?
E poi ho pensato che i befanini inzuppati nella cioccolata erano davvero eccellenti, così ho dedicato le mie elucubrazioni all’alta pasticceria, argomento che esula da questi appena trattati (anche se probabilmente più interessanti e appetitosi).
E adesso, poiché trovo questo post molto noioso, dirò qualcosa che vi farà dimenticare di averlo letto: lo sapete che Tonio Cartonio non è più alla melevisione? E’ stato sostituito da suo cugino, un tal Milo Cotogno. Secondo me non è davvero suo cugino. Ha un’aria molto meno cretina. Peccato.