La mia vita, più o meno.

Seconda critica della ragion telefonica

On air: Carly Rae Jepsen, Call me maybe

Oggi pomeriggio. Laboratorio uno. Sono lì che studio qualcosa come l’entropia di una sorgente o altre cose altrettanto inutili per il mio futuro, quando compare nell’aula la mia amica Hind. Tutta sorridente, mi fa: “Ale, ho letto il tuo post, e volevo dirti che dovresti usare Viber!”. Chiaramente capisco male la parola, e inizio a smanaccare imbarazzatissimo: eheheh Hind che dici eheheh scherza nondicesulserio.
Poi lei mi spiega che Viber non è un oggetto in lattice dalla forma dildoide usato per trarre piacere fisico, bensì una pratica applicazione che consente di chiamare e messaggiare gratuitamente, e senza bisogno di creare un account.
Ho subito scaricato Viber. L’iconcina è carina: è viola. E non sembra nemmeno difficilissimo. Il fatto è che, pur essendo disponibile per Symbian, Android e iOS, non sono molti i miei contatti che l’hanno installato (non tanti quanti WhatsApp, per esempio). Ma gli voglio dare fiducia: il viola è il mio colore preferito.

Critica della ragion telefonica

On air: Mina, Se telefonando

Mi sembra abbastanza inutile dover spiegare cosa sia Skype. Probabilmente è il software di videotelefonia più famoso del mondo, anche se altrettanto probabilmente non è il migliore del genere. Sono venuto a sapere dell’esistenza di Skype tramite uno spettacolo di Beppe Grillo, che qualche anno fa non era ancora così estremista come adesso e, lo ammetto, era uno dei miei miti.
Mi ricordo che mio padre non mi voleva far installare Skype sul computer solo perché era stato nominato da Beppe Grillo – che a quel tempo lui odiava dal profondo dell’anima – e diceva che la polizia teneva sotto controllo chi scaricava quel programma.
Sono cresciuto e ho avuto il mio pc e ho potuto scaricare Skype e farmi pure l’account. Okay, lo confesso: non lo uso spesso. Ma può sempre tornare comodo quando si ha voglia di vedere l’altra persona in viso. Che poi tutto dipende dalla qualità della webcam: quando l’altro ne ha una scrausa, quello che vedi è un ammasso informe di pixel colorati che si muovono in qua e là e fanno assomigliare il tuo interlocutore ad un muppet pestato a sangue.
Comunque, c’è un altro problema che ultimamente mi è capitato di riscontrare. Quando la rete è troppo trafficata e la banda non regge, la connessione si blocca in continuazione. Qualche giorno fa, il mio amico M. tentava di chiacchierare con me via Skype. Doveva aggiornarmi su questioni importantissime quali la comodità di cucinare il riso basmati, ma tutte le volte la conversazione era una cosa del genere:
“Ciao!”
“Ciao!”
“Mi senti adesso?”
“Sì, per ora sì!”
“Okay, allora ti dicevo…”

*BLUP*
Blup è il suonino che Skype ti fa per dirti che è saltata la connessione. Abbiamo riprovato cinque o sei volte a iniziare la telefonata, ma non c’era verso di parlare più di dieci secondi. Alla fine mi arriva un messaggio. Era M. Aveva attivato le chiamate gratis sul cellulare.

Critica della ragion musica(le)

Siccome nell’ultimo post avevo parlato di un celebre social network che ha già spopolato nel mondo hipster e adesso sta prendendo piede anche nel mondo dei comuni sfigati, voglio fare un breve commento sul corrispettivo musicale. Shazam.
Shazam è un’applicazione molto utile che ascolta una canzone e ti dice il titolo e l’autore.
Capirete che è una genialata. Cioè: voi avete la radio accesa, o siete in un locale, e danno la-canzone -che-avete-sempre-voluto-nel-vostro-lettore-ma-di-cui-non-avete-mai-saputo-il-titolo. Quante volte vi è successo che avete chiesto ai vostri amici “Oh Ermenegilda, quale è il titolo di codesta canzone?” e quante volte vi è successo che vi hanno risposto “Oh Astolfo, mi duole dirlo ma non mi sovviene”. Ebbene, attivando questa applicazione partirà subito l’analisi delle frequenze (o quel che è) e il confronto con il database, e in pochi secondi vi sarà restituito il titolo della canzone.
Parentesi: Shazam non è l’unico software in grado di fare ciò. Ne esistono diversi altri. La differenza è che Shazam è mooolto famoso e figo e non può mancare nella libreria delle applicazioni di un indie inesperto che non conosce a memoria la discografia degli Arctic Monkeys.
Per esempio, ero in seconda liceo. La mia amica Giuli mi aveva fatto un disco che aveva simpaticamente chiamato Misto Rock, e non aveva messo i titoli delle canzoni. Per non far vedere a Giuli che sono un ignorante in musica, non le avevo mai chiesto qual era la canzone che mi piaceva tanto e di cui volevo tanto sapere il titolo. Una settimana fa, cioè otto anni dopo, ho finalmente risolto il mio dubbio: Shazam mi ha detto che si tratta di questa qua: link-a-youtube.
Ora, ci sono due problemi principali che riguardano Shazam. Il minore dei due è il fatto che se ci sono delle interferenze il programma ha qualche problema a identificare la canzone. Se state cercando il titolo della nuova canzone di Vasco Rossi e il vostro migliore amico rutta – forse stimolato dalla melodia – il software potrebbe non farcela a rispondere. Cosa che, nel caso di Vasco Rossi, potrebbe essere un bene.
Il secondo problema – di vitale importanza, direi – è che se siete in macchina e alla radio danno la canzone di cui avete sempre voluto sapere il titolo, prima di trovare il cellulare, attivare la connessione a Internet e far partire Shazam, voi siete già spiacciucati contro un palo.

Trova le differenze

( Cilindro #1 )

( Cilindro #2 )

Dai, indovinate quale dei due è quello che ho fatto io!

I pirati non hanno il cilindro ma io sì*

*titolo assolutamente senza senso, vogliate scusarmi
On air: Hans Zimmer, Up is down 
(Pirates of the Caribbean Original Soundtrack)

Stamani ho fatto la doccia col nuovo bagnoschiuma alla Vaniglia dei Caraibi. Roba da pirati, insomma. Sono uscito dalla doccia urlando TERRA A BABORDO! per poi ricordarmi che il mio bagno non è un vascello e che pertanto non possiede ancore da levare o vele da ammainare.
( In realtà la mia macchina – dove l’aggettivo “mia” significa “di mio padre” – l’ho chiamata la Perla Bianca, in riferimento alla nave di Jack Sparrow nella serie dei Pirati dei Caraibi. Ma ve ne frega qualcosa? Vabbè, ormai l’ho scritto )
Mi sono asciugato e vestito e tutto quello che volevo fare era qualcosa di assolutamente piratesco.

E invece mi sono ricordato che dovevo costruire un cilindro bianco. Sì, per la commedia di cui faccio parte (che si chiama Le Nozze delle Streghe sono tutta un’altra Cosa e che va in scena Sabato 14 Aprile al teatro di Ponte a Moriano, Lucca, pubblicità fatta, oplà).

E in effetti l’ho fatto: ho comprato un cilindro basso argentato, e poi col cartoncino bianco l’ho alzato e reso un “vero” cilindro:

Qui potete vedere uno stadio parziale della lavorazione. Sì, perché non è finito. Devo ancora foderarlo col nastro adesivo bianco, e soprattutto devo rispondere al dubbio: E IL TAPPO?
Come vedete dalla foto, il cilindro non ha (ancora?) il tappo. È forato in cima. Che faccio? Lo tappo o no? Perché la costumista consiglia di sì, mentre il regista consiglia di no. Quindi devo decidere io. E io voglio anche il vostro parere. Carissimi lettori: VOTATE!

The Londomerds / episodio 1

{ Bianco e nero. Una signorina dai capelli scuri e raccolti sorride. Indossa un vestito lungo color panna, ma noi lo vediamo bianco, perché siamo in bianco e nero, l’ho scritto una riga fa. Comunque, la signorina continua a sorridere }
Buonasera. Va ora in onda il primo episodio di The Londomerds. Questa nuova serie narra le avventure di quattro italiani imbecilli che decidono di intraprendere un viaggio a Londra. Ricordiamo ai gentili telespettatori che questa è una puntata pilota, ossia una prova per vedere se la serie potrà avere successo. Se vi piace bene, altrimenti attaccatevi a sto cazzo. Vi auguriamo una buona visione.
{ La signorina continua a sorridere. Jingle della RAI: dan dan dan dan dan dan dan dan dan da. Plin! }
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The Londomerds
 – episodio 1 –
Sigla molto originale e fantasiosa: 
Clash, London Calling
Starring:
Alessandro B.
Ciuffo V.
Laura L.
Martina L.
Guest star: 
mia mamma
Executive producer:
stoca
Sono le 4 di mattina. Sono nel mio letto, già sveglio da pochi minuti. Sento il biribip biribip della sveglia, e la fermo prima che mi faccia cominciare male la giornata. In effetti, è buffa questa cosa: potrei semplicemente cambiare la suoneria con una più dolce. Comunque. Ero lì, sveglio a crogiolarmi nei miei pensieri quando finalmente realizzo che tra due ore e mezzo sarò su un aereo diretto alla capitale delle capitali, la città tra le città, il centro del mondo: Berlino.
No, scherzo. Londra.
Mi vesto e mi lavo e attendo che arrivi Martina a casa mia, sfoggiando un paio di calze leopardate che fanno pan dan con un berretto leopardato che fa pan dan con il colletto della giacchina, anch’esso squisitamente leopardato. Dopodiché montiamo in macchina, io, lei e mia mamma, e ci dirigiamo al paesino tra i paesini, la frazione delle frazioni, il fulcro dell’universo: Montuolo. Anzi, il parcheggio della chiesa di Montuolo, dove ci aspettavano gli altri due protagonisti di questa fiction, cioè Laura e Ciuffo.
Il viaggio verso l’aeroporto non è privo di difficoltà: infatti la mia cara mammina ci tiene a dire che scaricare musica pirata è illegale e fa morire la musica e i giovani cantautori, e argomenta la sua tesi dicendo che anche Ruggeri ha affermato ciò. Poi per grazia divina arriviamo all’aeroporto di Pisa e mia mamma ci saluta. Scoprirò solo qualche giorno più tardi che nel tornare a casa sbaglia strada, fino a ritrovarsi a venti chilometri da Firenze. Ma questo è una storia che verrà raccontata nello spin off dedicato a mia madre.
Qui metterò un po’ di foto del viaggio in aereo, di cui tralascio i dettagli, e del viaggio in pullman, di cui tralascio i dettagli. Ma adesso non ho queste foto, devo ancora recuperarle da Laura e Ciuffo

[ tattico spazio per foto ]
Finalmente il pullman ci scarica a Victoria Station. Per arrivare all’ostello ci serve la metropolitana, e per accedere alla metropolitana ci serve l’abbonamento. La macchinetta si rifiuta di caricarci la Oyster Card, tranne che a Martina. Forse è una macchinetta che discrimina chi non porta qualcosa di leopardato.
L’ostello sembra molto carino, che tradotto significa che non si percepisce l’odore di topo, il che va contro ogni nostra previsione, visto quanto avevamo pagato. Il problema principale è che per raggiungere le docce dalle camere bisogna percorrere una dozzina di rampe di scale e corridoi, fino ad arrivare a cinquanta metri sotto terra. Neanche i sotterranei di Hogwarts, insomma.
Metro, di nuovo, e stavolta senza bagagli. Usciamo alla stazione di Piccadilly Circus. Salgo quelle scale, e sento una sensazione stranissima: “è tutto così familiare…”. In Inghilterra è una splendida giornata di sole. La statua di Eros si staglia sulle pubblicità colorate dei palazzi. Le strade sono piene di gente e autobus rossi. Londra 2012 può cominciare.

Problemi esistenziali 2.0

On air: Immanuel Casto, Crash

“Non capisco come mai mi diminuisce il numero degli amici di facebook.

A volte scende, a volte sale… Boh, vado fuori di testa”

[ cit. mora al pc dietro di me,
aula H del Polo Fibonacci,
cinque minuti fa ]

La versione beta di Ryan Gosling*

* il titolo è tattico e fuorviante

On air: Lady Gaga, Hair
Dopo l’ultimo post ho paura che si dica che questo blog parli solo di cose importanti e filosofiche. Pertanto stavolta, e solo stavolta, tratterò del mio nuovo taglio di capelli.
Ebbene: è uguale al vecchio.
Ciò non esime i miei amici dal pronunciare uno o più complimenti non appena mi vedranno. Per i più poveri di fantasia, metto a disposizione qualche opzione a cui ispirarsi:
1) Ohhh, Ale: la tua bellezza mi strega come il canto di un usignolo 
[ regola numero uno dei complimenti: 
se in una frase c’è un riferimento ad un usignolo, 
la poesia è garantita. Fanno eccezione cose 
come: “sei bello come un usignolo morto” e simili ]
2) Ale, quanto sei figo: sei la versione beta di Ryan Gosling

3) Ale, vediamo: questo taglio ti si addice, cazzo, questi riflessi più chiari ti donano una luminosità unica, cazzo, il tuo profilo è convincente e convincerà sicuramente anche le case discografiche, mi piace, cazzo, TU ALE HAI L’X FACTOR!
In realtà non ho mai avuto bisogno di niente di tutto ciò. Non perché sappia di essere la versione beta di Ryan Gosling, chiaro. Semplicemente perché ho sempre saputo di avere un aspetto normale: un viso normale – che se buca lo schermo è solo perché il mio naso gli è troppo vicino – e soprattutto un taglio di capelli normale. 
Invece stavolta sono uscito dal barbiere che non mi sentivo normale, ma più… basso. Per carità, mi piace il mio barbiere: l’ho scelto perché mentre ti taglia i capelli sta zitto, e non ti costringe a parlare di calcio/donne/politica/videogiochi, cosicché io possa farmi i cavoli miei e non sentirmi a disagio mentre lui intopa sopra il mio cranio.
Però stavolta mi ha reso più… basso, sì. No, non lo so in che senso! Chissà cosa voglio dire, però mi sento così. Per cui, amici, c’è una sola cosa da fare: ascoltarvi e leggervi mentre vi sperticate in complimenti.
Potete iniziare.

Simpatico è:

On air: Franz Ferdinand, Take me out

STEP 1 – Il professore che viene da te. Guarda l’esercizio che ha appena dato da svolgere in classe. Se ne esce con un sarcastico “Bello”. Scuote la testa, poi ti guarda diritto negli occhi e fa “Il suo esercizio non è sbagliato, è peggio che sbagliato”.
STEP 2 – Il professore che, dopo aver guardato gli svolgimenti del suddetto esercizio fatti dai tuoi colleghi (che sono stati cordialmente insultati), va alla lavagna a correggere l’esercizio. E la sua soluzione coincide con il tuo svolgimento. Quello che era “peggio che sbagliato”.

Karmananas


On air
: Culture Club, Karma Chameleon
Sapete cos’è il karma?
Dio, quanto sono antipatico quando inizio i post con una domanda. Comunque, se non sapete cos’è il karma cercate su wikipedia, alla voce karma. Sì, inizia con la k, quella lettera introdotta nell’alfabeto italiano dallo sviluppo della telefonia mobile. 
Ora, su wikipedia troverete un sacco di informazioni complete e approfondite che a noi ovviamente non interessano, dato che siamo il risultato del lavoro decennale di una società che si è ripetutamente applicata affinché il cervello umano si strutturasse in modo tale da cogliere solo le informazioni scorrette e parziali. 
L’informazione scorretta e parziale che vogliamo noi è che il karma è quella cosa per cui se ti comporti male o bene poi il male o il bene ti ritorna indietro. Un corollario che ho inventato io qualche anno fa è che il karma controlla anche la fortuna: cioè se ti succede una cosa brutta poi ti accade una cosa bella, e viceversa. Una specie di livellatore della sfiga.
Stamani ho avuto l’ennesima conferma dell’esistenza del karma.
Sono andato in biblioteca. Mi sono seduto a un tavolo carino e totalmente vuoto – che poi si è rivelata una posizione pessima perché è vicino al bancone dietro cui le bibliotecaie credo organizzino festini a base di coca. Tempo dieci minuti e arriva un tipo: “Ciao, è libero?” e indica il posto accanto al mio. “Oh, ma sì, certo!” rispondo esibendo un ampio sorriso (e mi preme precisare che la risposta tanto entusiasta è dovuta al solo fatto che stasera è Venerdì sera. Altrimenti avrei abbaiato). Questo tipo si siede, e io posso distintamente riconoscere l’odore del salmone marcio. No, non è una bella cosa.
Poi, però, vado a mensa. Dove hanno rimesso lo yogurt all’ananas. E questa sì: è una bella cosa.