E, come nella favola di Cenerentola, quando tutto sembrava perduto, arrivò la zucca. Che per noi sarebbe il pullman della Teravision. In effetti questa vacanza presenta molti punti in comune con la favola di Cenerentola, il più rilevante dei quali è che sia io che Ciuffo alla fine non abbiamo più una lira. Ad ogni modo, abbiamo giusto il tempo per respirare l’ultima volta l’aria di Londra, prima di montare sul pullman che ci avrebbe portato a Stansted.
Il mio viso si appoggia al finestrino mentre dall’altra parte del vetro scorrono uno dopo l’altro i simboli della città. I teatri, i palazzi, il London Eye, il Big Ben. Com’era? L’ultima stella a destra, e poi dritto fino al mattino? Lo diceva Peter Pan ai ragazzi, ed era proprio sul Big Ben.
Il pullman ci permette di dormire un pochino. Come certamente saprete, dormire in pullman non è un’esperienza di cui si ricorda la comodità. Diciamo piuttosto che al risveglio ti chiedi se sia il caso di far amputare il collo. Una volta all’aeroporto comincia quello che ho rinominato “Il balletto dei chili“. Dunque, avevamo una valigia più due bagagli a mano a disposizione. Trentacinque chili in totale, e dimensioni fisse da non superare. Armati di tanta pazienza – che avevamo comprato da Primark, anche quella – ci mettiamo a sfare e disfare le valigie. Alla fine tutto era più o meno posizionato a dovere (ci avanzavano quattro etti), e avevamo sacrificato i seguenti oggetti: 1) mio shampoo 2) mio bagnoschiuma 3) lacca di Ciuffo, e mi sembra basta, se non che io sono stato costretto ad indossare, sopra alla maglietta e alla felpa classica, un cardigan, il giubbetto e il k way. Ma si fa tutto, pur di non pagare la sovrattassa di RyanAir.
“La senti, l’aria diversa?”
“No, cosa?”
“L’aria diversa, Ciuffo, la senti? È un’altra aria, rispetto a quando eravamo là”
“Ah, sì, è vero”
Mind the gap
between the train and the platform
“Eh, perché voi dovete andare a Londra, non lo sapete quante belle cose che abbiamo qua in Italia. Voi in Italia non ci andate, voi andate all’estero. Ah, ma i monumenti e le piazze e i campi dell’Italia…”
“Nonno io veramente ho girato tanto anche per l’Italia. Ma non è quello, non è questione di monumenti…”
E come glielo spiego a mio nonno che la magia di Londra non è nelle cose? Non nelle piazze, o nelle battaglie vinte, o nell’antichità di questo o quel museo, o di questa o quella civiltà. È la gente che è diversa. È l’odore di quando esci dalla metropolitana; è quando ti svegli e ti accorgi che quelle nuvole non spariranno, o forse un po’ sì, se sarai proprio proprio fortunato; sono i ragazzi con le cuffie alle orecchie; sono le persone che sanno chi sono e cosa vogliono; è la voce metallica che ti avverte della prossima stazione; sono tutti, che ti chiamano sir, anche se poi ti guardano come se ti volessero ammazzare; è quando ti dicono sorry, ma poi continuano a scontrarti; sono le strade, che sono state calpestate da coloro che hanno influenzato l’arte di tutti i tempi; è la città, la città stessa, che ha il sapore del mondo.
Mind the gap
between the train and the platform
Ah, no, scusate.
C’è quest’ultima cosa che voglio fare.
Un po’ scema, forse teatrale, non lo so.
Grazie, a te.
Non ci sarei venuto senza di te. Non ce l’avrei fatta senza di te.
Se tu non avessi insistito, pregato, fattomi ridere, detto che ne valeva la pena, detto che mi avrebbe fatto bene, se tu non mi avessi sopportato, incoraggiato, fatto in modo che mi sentissi al sicuro, sorbito i miei sfoghi – subito i miei sfoghi.
Sì, sei zoppo, e ti vesti in tecnicolor, e sei sdolcinato, un po’ tonto, e ti butti giù e a volte non hai fiducia in te stesso, e mi svegli con Viola Valentino. Ma sei una persona eccezionale, eccezionale, e io mi sento fortunato e fiero e tutto, quando penso che sei mio amico.
Mind the gap
between the train and the platform
Le riconosci, le risate?
Don’t stop beLondon.