La mia vita, più o meno.
Cose per cui vale la pena tirare a campare
/7 Commenti/in Cose che mi succedono, Cose extra/da Alessandro Bianchila foto allegra di inizio post, benvenuti sul blog |
(lo so che sei contenta se ti saluto in diretta) (adesso starà facendo vedere questa cosa alle colleghe) (per poi promettersi mentalmente di farmi quintalate di biscotti per premio) (un saluto anche a papà!)
Cinque. Med Man. Ho una storia con Don Draper più intensa e duratura di quella con svariati miei ex.
Sei.
Sette. Poiché ho osato dire al mio capo che non ero a conoscenza della partita di calcio che si sarebbe tenuta la sera stessa, egli ha pensato di replicare chiedendomi se io a cena parlassi di Proust o declamassi Prévert. È buffo come appaia quasi automatico che se segui il calcio devi essere una capra ignorante, mentre se non lo segui sei chiaramente un intelligentone. La cosa per cui vale la pena tirare a campare è pensare che gli argomenti di cui parlo più spesso a cena non sono Proust e Prévert, ma le drag queen.
Otto. La ricetta del vin brulé, che è semplicissima e molto efficace. Basta seguire quel noto blog culinario che in questa sede chiameremo Verde Rosmarino. Dopo sette visualizzazioni della video-ricetta del vin brulé, mi sono deciso ad andare al mercato. Io in cucina adotto un sistema scientifico: cioè per me non esistono i concetti di “quanto basta” o di “a occhio”. Pertanto poco mi importa se lo speziere sgrana gli occhi quando gli chiedo sedici chiodi di garofano. Il vin brulé, caldo e magnanimo, è venuto precisamente buonissimo, ed è una cosa per cui vale la pena tirare a campare.
Nove.
Non ti puoi sedere con noi
/2 Commenti/in Cose che mi succedono/da Alessandro BianchiUna cosa accaduta in questi giorni mi ha ricordato di quando, a quindici anni, il giovane controllore di un treno volesse multarmi perché secondo lui le mie scarpe poggiate sul sedile di fronte al mio avrebbero danneggiato irreparabilmente il vagone. Ora, io non sono mai stato un ribelle, se si escludono occasioni in cui sono effettivamente andato contro corrente, come quando leggevo i racconti dell’orrore di Poe in spiaggia o quando mi ostino ad abbinare fragola e cioccolato, il cui connubio nel gelato “è un delitto”, cit. Non si poggiano i piedi sui sedili, è vero, e colgo l’occasione per scusarmi con tutti i sedili del mondo che si possono essere sentiti offesi dal mio gesto, e mi scuso anche con tutti i potenziali culi che si sarebbero potuti sedere su un sedile così compromesso. Ho sbagliato, ho agito sovrappensiero, è vero. Ma bastava dirmi di togliere i piedi. Okay, è successo a me, e sono di parte, naturalmente. Ho sbagliato, ma per certi sbagli non c’è bisogno di una punizione. E in effetti il controllore si è esibito nella sua sfuriata, ma poi ha lasciato perdere.
Mi sono accorto che è successa una cosa simile anche in Mean girls. Regina George si era presentata al tavolo delle barbie in tuta, ed era lunedì. E le barbie non indossano la tuta di lunedì, mai. Gretchen Wieners non può sopportarlo, e istericamente grida a Regina: “Non puoi sederti con noi!”.
Non puoi sederti con noi è il modo con cui io chiamo i momenti in cui qualcuno non riesce a raccogliere un po’ di buon senso per capire che si può sbagliare. E che la reazione deve essere proporzionata.