Non so cucinare, e me ne sono fatto una ragione.
Sono in grado di preparare i piatti base, qualche tipo di pasta, i toast e la torta sette vasetti che non sarà molto complessa ma garantisce una discreta colazione, quando non la brucio. Insomma: sopravvivo, all’occorrenza. Grazie a una strategia che mescola sapientemente surgelati della Lidl, noccioline e cene preparate dal fidanzato, riesco a mantenere una dieta di tutto rispetto.
Dopodiché, a causa di questa asfissiante moda televisiva che ruota tutta attorno a cantanti, ginnaste e chef, mi sono appassionato di alcuni personaggi del mondo della cucina. Prima tra tutte Benedetta Parodi, mio principale guru e modello di vita. E recentemente mi sono innamorato di un altro grande cuoco del piccolo schermo.
Antonino Cannavacciuolo.
Ora, per cortesia, chiudete gli occhi e ripetete mentalmente, lentamente, gustandovi ogni sillaba, il suo cognome denso e passionale.
C A N N A V A C C I U O L O
Sentite come vi impasta per bene la bocca? È una soddisfazione che ben pochi cognomi riescono a dare. Provate col vostro cognome. Provate con i cognomi di altri cuochi. Vi sfido ad avere un cognome più pregno e ricco e carico di sapore di Cannavacciuolo. Volete mettere con “Barbieri”? O “Bastianich”? Dai, sembra il nome di una scala per misurare i terremoti. “Cracco”, poi, non parliamo, “che cane è?” “è un cracco.” “oh…”
La questione, per Cannavacciuolo, è che la sua bellezza va oltre il nome. Cannavacciuolo è straordinario, è pieno di bontà, è un grandioso forziere di cose sensazionali, è un patatone simpaticissimo, è arguto, di quell’arguzia sexy a cui non puoi non darla, è tanto, è meraviglioso, è buono, è generoso, è magnifico.
Insomma, mi sono innamorato.
Cannavacciuolo is the new Ryan Gosling. No, anzi, è di più.
Cannavacciuolo è chi Ryan Gosling dovrebbe essere.
Non ho fatto in tempo a capire se il mio amore è ricambiato, che ho già le paturnie. Ho paura di perderlo. È come quando conoscete una persona che vi ispira simpatia, e avete paura che vi deluda. Per questo adesso mi rivolgo direttamente a lui. Devo pregarlo di fare una cosa: tacere.
Cannavacciuolo, se puoi, taci.
Non esprimere nessuna opinione, tieniti tutto per te. Cannavacciuolo, non dire niente di quello che pensi, provi o fai a meno che non sia all’incirca come ciò che penso, provo o faccio io. Non riuscirei a sopportarlo, mi farebbe troppo male. Cannavacciuolo, non parlare, continua a essere il mio sogno d’amore.
Antonino Cannavacciuolo, non lo voglio sapere se la quarta stagione di Sherlock ti ha fatto cagare. Non lo voglio sapere se abbini il nero col blu. Se non vai mai a teatro. Non lo voglio sapere se mandi i poke su Facebook o se metti Mi piace ai tuoi stessi status o se scrivi in maiuscolo. Se la tua prima scelta è stata Bulbasaur. Se ti è piaciuta la canzone di Fiorella Mannoia a Sanremo. Se ostenti la ricchezza. Non lo voglio sapere se sei maschilista, razzista, omofobo, populista, fascista, o anche solo vagamente tendente al conservatore.
Che problema ho, Antonino? Ti immagino, lì, nudo, steso sul bancone della cucina tra scatole dei pressure test che mi guardi bello fiero e dici Sta’ senza pensieri. E mi ricordi che gli artisti non si giudicano dal modo in cui votano o ascoltano o sono o vivono. Perché in fondo anche Céline era tipo filonazista e Micheal Jackson un probabile pedofilo, eppure Viaggio al termine della notte è un libro che mi ha cambiato il modo di leggere e Thriller è ciò a cui secondo me il pop deve aspirare.
E allora che problema ho, Antonino? Perché riesco a sopportare i giornalisti delle riviste da intellettuali dire che Sherlock fa schifo, perché posso tollerare i leoni da tastiera sparare a zero sui Baustelle, perché mi andrebbe bene qualunque commento di Facebook sugli amori contronatura ma mi distruggerebbe se le stesse cose le pensassi tu?
È bisogno di un mito, Antonino?
In un’epoca dove sembra così facile perdere la bussola, io ho molto probabilmente bisogno di punti fermi. Ho scelto te, che a parte l’oggettiva fermezza data dalla tua generosa presenza, mi ispiri una fiducia innata. Ho scelto te, Antonino mio, Antonione mio, luce dei miei giovedì sera, faro di ogni programmazione Sky, maschio alfa in un mondo che non ha più bisogno di maschi alfa.
Te, che sei meno giudice e più maestro, meno grasso e più grande, meno irraggiungibile e più umano.
Per favore: non deludermi. Stai zitto.
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