Due estati fa sono tornato in vacanza in Croazia. Abbiamo optato per quella destinazione perché ci avevano detto che avremmo speso poco, che avremmo trovato un bel mare e delle cittadine molto carine, e perché alcune scene di Game of Thrones le avevano girate lì. Siamo arrivati ignari del fatto che la realtà omosessuale croata è significativamente diversa da quella italiana.
Parentesi
Ce ne siamo accorti per caso, quando abbiamo pensato che sarebbe stato carino andare a ballare in un locale gay. “Chissà come saranno qua le drag queen”, ci dicevamo. Su internet non c’era traccia di informazioni sulla vita lgbt in Croazia. Abbiamo trovato solo dei forum aggiornati al 2009 in cui si parlava di un club, a Zagabria, che poteva essere interpretato come zona queer della Repubblica. Su Grindr, un ragazzino pallido e magrolino (uno dei pochi autoctoni della chat, a quanto pare) ci ha mandato ad una serata di Zara che lui ha definito friendly, la quale tuttavia pullulava di etero tamarri della peggior specie – che per carità, ci sono anche a Gallipoli, ma almeno lì puoi ascoltare Lady Gaga. A Spalato abbiamo trovato un locale delizioso dal sapore alternativo, ma nessuno ballava e tutto sommato non ci è sembrata un granché.
Sicuramente avremo peccato nelle ricerche, sicuramente ci sarà stato, da qualche parte, un luogo che faceva al caso nostro, ma la sensazione che la Croazia sia un Paese poco amichevole nei confronti degli omosessuali mi è rimasta addosso.
Credo che la Croazia abbia un problema di omofobia, e detto da un italiano è davvero esilarante. A confermare questa sensazione è stata la visione di The Constitution – Due insolite storie d’amore, film del regista Rajko Grlić, nelle sale italiane dal 5 aprile 2018. Non è tanto un film sull’omofobia, quanto sull’intolleranza che pregna la società croata. Ma parla anche di omofobia, e di come le sue stesse vittime possano farsi portatori a loro volta di altro odio.
Il professor Vjeko di giorno insegna storia alle superiori e non perde mai occasione per ribadire ai suoi studenti il proprio orgoglio nazionalista contro i comunisti e i serbi; di notte invece si veste da donna per concedersi delle passeggiate per le strade di Zagabria. Durante una di queste uscite viene aggredito da un gruppo di ragazzi che oltre ai comunisti e ai serbi odia anche gli omosessuali, sempre a causa di quell’orgoglio molto più simile al rancore che alla passione. In ospedale Vjeko incontra un’infermiera, che si offre di prendersi cura di lui anche a casa, in cambio di alcune lezioni al marito poliziotto sulla Costituzione croata, argomento dell’esame che l’uomo deve superare a causa delle proprie origini serbe.
Ho letto che il numero di cittadini in possesso di un titolo di studio che decidono di emigrare è maggiore in Croazia rispetto a tutti gli altri stati europei. Quando si chiede loro il motivo, rispondono: “non voglio che i miei figli crescano circondati dall’odio”. L’intolleranza è un sentimento alimentato dalla politica e dalla Chiesa locale, che hanno fatto molto affidamento sul nazionalismo per privatizzare l’economia; nazionalismo che si è tradotto in una società il più delle volte generatrice d’odio verso i serbi, i comunisti, gli ebrei e in generale tutte le altre, classiche, forme della diversità.
E la cosa assurda è che la Costituzione croata non è affatto intollerante. È un testo illuminato, solare, che criminalizza l’odio e ogni forma di razzismo. Mi ricorda qualcosa.
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