Netflix ha capito che per farmi iniziare una sua serie deve mettere in ogni anteprima un bonazzo nudo. Nella copertina di Too Hot To Handle, di bonazzi ce n’erano una decina, e capite bene che non sono riuscito a resistere. In effetti, le aspettative non sono state deluse, perché già dalla prima, incredibile puntata il concentrato di muscoli e stupidità è altissimo. Too Hot To Handle è un reality in cui un gruppo di manzi e manze di diverso genere, diversa provenienza, ma simili nel livello di sessuomania e quoziente intellettivo, vengono spediti su una bellissima isola per un mese. Si conoscono, e dopo qualche ora un’intelligenza artificiale comunica loro che non possono baciarsi, fare sesso o masturbarsi per tutta la durata del ritiro, pena salatissime multe al montepremi finale di 100mila dollari. L’idea è di far sviluppare loro la voglia di impegnarsi in relazioni più profonde, invece di lasciarli sfogare in tante botte e via fini a sé stesse.
Le premesse sono già entusiasmanti. Ma c’è un po’ di più. Non vorrei usare parole troppo forti per le ambizioni di questo reality, ma si arriva ad esplorare concetti come sorellanza e toxic masculinity. I ragazzi del gruppo, personaggi che della virilità hanno fatto un lavoro e uno stile di vita, vengono messi alla prova con workshop in cui dovranno esternare le proprie emozioni e parlare delle proprie paure; le ragazze, che fin dal primo momento instaurano dei meccanismi di competizione, saranno portate a collaborare e trovare un modo di interagire che non sia soltanto in funzione di essere conquistate dal maschio predatore.
Non voglio dire che sia una serie stupenda o assolutamente da vedere: in effetti non la consiglierei a nessuno, per il semplice fatto che non mi metterei a consigliare prodotti come BakeOff o Cortesie per gli ospiti (anche se li adoro!). Rimane pur sempre trash tv, ma scritta in un modo diverso rispetto a quella a cui siamo abituati.
Ne parlo solo per dire una cosa: Too Hot To Handle è la dimostrazione che scrivere programmi di intrattenimento leggero di questo tipo è possibile senza scadere nell’insulto all’intelligenza umana. Non ci sono insulti omofobi o transfobi, nessuno bullizza nessun altro, non c’è alcuna gara a chi è più maschio o più bella, e nonostante questo tutti si prendono poco sul serio.
Possiamo continuare a ripeterci che il Grande Fratello e compagnia bella sono per gli spettatori l’unico modo per rilassarsi, oppure possiamo offrir loro dei contenuti di evasione che non debbano far ricorso alla parte più becera e vuota dell’umanità.
Roba affine
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