Mi sento molto in colpa nel parlare, oggi, di questo fumetto, perché Un anno senza te (Luca Vanzella e Giopota, edito da Bao Publishing) è stato pubblicato nel 2017, e io lo scopro soltanto ora. Fatta questa doverosa premessa, passiamo a una riflessione:
l’ho adorato.
È la storia di Antonio, uno studente di Storia medievale che dopo pochi mesi di relazione viene mollato da Tancredi. Niente da fare: il nostro Antonio ci è andato sotto di brutto, e non riesce a farsene una ragione. Gli amici gli creano un profilo su una dating app, lo portano a vedere Bologna dall’alto, gli combinano gli appuntamenti, ma il ragazzo non si dà pace. Le cose non migliorano quando a un concerto Antonio vede l’ex insieme a un altro tizio che aveva frequentato qualche settimana prima – una situazione orribile che può succedere solo a gay e bisessuali e che ovviamente ho potuto vivere in prima persona.
Ci sono tanti libri e tanti film che raccontano il periodo che va dalla fine di una relazione all’inizio di qualcosa di nuovo, ma di solito si focalizzano sull’incontro con una persona che torna a far battere il cuore del protagonista. In Un anno senza te si parla del dolore e della nostalgia e del senso di vuoto e di ricordi che non torneranno più.
Ma è soprattutto il linguaggio di questo fumetto ad avermi stregato. Ci sono delle scene di rara poesia, ambientate in questa città dove possono nevicare conigli, dove ci si sposta in mongolfiera ed è possibile entrare in un negozio per regalare nuvole. E i suoni si attaccano ai vestiti come se fossero cattivi odori.
Il protagonista è omosessuale, ma in nessun punto della lettura ho avuto l’impressione che la sessualità dei personaggi fosse importante. È il racconto di un dolore e una crescita universale, che chiunque può aver provato, e se non l’avete provato un po’ vi invidio, ma un po’ mi spiace per voi.
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